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Uno strano suicidio e su Mosca cala l'ombra delle cyber-sette

di Gialli.it 28 Luglio 2009

Russia. Dodici strane morti, 50 segnalazioni e denunce, e poi la drammatica lettera di Vladimir Savanovic: “Sono nelle loro mani”. Era il 15 giugno scorso quando Mosca si svegliò registrando l’ennesimo suicidio di uno studente della gloriosa università di  Lomonosov . A quasi due mesi di distanza da quel giorno sul caso Svanovic cala l’ombra lunga delle cyber-sette. Il nuovo incubo delle famiglie moscovite e dei servizi segreti russi di Medvedev e Putin.
di SONIA T. CAROBI
A starci dentro, in questa storia, sembra di muoversi in un romanzo.  In un vecchio libro di Robert Harris. Nella sua Mosca che puzza di benzina , tabacco, fuliggine e sudore.
Non c’è “tecnologia” in queste stanze scure che non riescono a cambiare da decenni. Non c’è modernità tra questi palazzoni che sembrano manifesti sbiaditi, strappati da utopie dimenticate che qualcuno chiamava “socialismo”.  O “perestroijka”.
Sono le case degli studenti . Le torri grigie volute da Stalin, gli unici luoghi dove ancora è possibile vivere e studiare con pochi soldi.
240 metri di altezza, 36 piani, 5000 stanze scavate su 33 chilometri di corridoi. E solitudine.
A guardarci dentro, in questi monolocali, l’unica cosa che ha che fare con la luce sono i monitor dei pc. Uno, cento, mille pc. Lanterne magiche di un notte qualsiasi sulla Vorobëvye Gory. La collina dei passeri. Il cuore universitario della vecchia cara Russia.  Quella di Putin. Quella dei misteri.
Noi cominciamo da una di queste torri. Da una piccola stanza che si affaccia sulla via Mokhovaya e guarda verso le cupole d’oro del monastero di Novodevičij.
La stanza di Vladimir. La stanza di un genio.
Chi lo conosce dice che è magro come un chiodo è ha le orecchie a sventola. Noi sappiamo solo che frequenta il terzo anno della facoltà di matematica e cibernetica, e ha un nickname inequivocabile. Kernel 386. Come il cuore di un sistema operativo.
Vladimir è di Klin, il buen ritiro di Ciaikovskij. E ci deve aver pensato almeno un attimo al Lago dei Cigni prima di arrotolarsi il cavo di un computer intorno al collo. E tirare.
Quando lo hanno ritrovato il cavo del pc era agganciato alla spalliera della sedia. All’altra estremità c’era la sua testa. Che penzolava senza vita. Come un pupazzo a molla che balla davanti ad un monitor acceso.
Che balla davanti ad un post it giallo con sopra scritto: “non posso sopportare questo tormento. Loro mi hanno costretto, e io sono responsabile della sparizione di almeno cinquanta studenti…”.
Poche parole. E qualcos’altro.
E’ cominciato così il giallo di Lomonosov. Il giallo della più antica università di Mosca.
Ma per capirci qualcosa bisogna fare un passo indietro. Bisogna tornare agli inizi di settembre. Una decina di mesi fa.
Cyber sette. Tenetevi alla larga.
Alla Lomonosov si aprono ufficialmente i corsi. L’atmosfera è rilassata. C’è voglia di ricominciare.
Gli studenti sono un botto. Migliaia, distribuiti nelle numerose aule dell’ateneo fondato di Elisabetta di Russia a metà del ‘700.
Nell’aula magna di matematica e cibernetica, Berezin, il vicepreside, va veloce mentre presenta i nuovi corsi. Poi si ferma per un attimo, scruta la platea distratta e spara una frase curiosa. “A proposito, tenetevi lontani dalle cyber-sette. Non fatevi fregare”.
Poche parole che fanno il giro dei banchi e volano via verso i giardini della collina. Quella dei passeri.
Chi doveva capire ha capito. Meglio far finta di niente.
Perché da queste parti quando si parla di cyber-sette è sempre meglio far finta di non aver sentito.
E Vladimir non deve essere stato da meno. Lui sicuramente c’era quella mattina nell’aula magna della facoltà. Lui sicuramente ha registrato il messaggio di Berenzin . E ha fatto finta di niente.
I mesi passano veloci. I giorni si susseguono monotoni, le notti viaggiano veloci sulle strade forsennate di internet.  Vladimir si muove alla grande tra i sentieri virtuali della grande rete. Lui è considerato un mago del computer. Qualcuno dice che è un hacker. Lui sorride e continua a battere sulla tastiera.
Chissà quando deve averli incontrati. Chissà quando deve aver deciso di accettare il “Patto”.
Silenzio assoluto e fedeltà eterna e sei dentro la Confraternita. La Setta dei Cibernetici Evangelisti. La cyber-setta che il buon Berezin aveva tentato di tenere fuori dalla sua Università.
Chissà quando Vladimir ci deve essere cascato.
“Mi hanno trasformato la vita in un inferno”.
L’unica cosa certa è che dopo il “patto” per Kernel 386 è cominciato l’incubo.
“Mi hanno trasformato la vita in un inferno, quando ho voluto prendere le distanze dalla setta, loro hanno incominciato a perseguitarmi”.
Perché Vladimir non lo sapeva, ma quella tribù che si muove sul web come uno spettro, che non ha un sito o un webmagazine, che non lascia tracce e non si riesce a trovare neanche su Google, quando firma un patto punta direttamente all’anima.
Nella confraternita, a detta degli esperti della procura moscovita, ci sono i maggiori talenti di internet. Ragazzi che con un pc sono capaci di arrivare dovunque. Vladimir è arrivato dritto dritto davanti alle porte dell’inferno.
La morte di Savanovic apre una finestra su un universo inesplorato.  Per gli 007 sovietici l’incubo è l’ultima frase di Vladimir. Che significa? E chi sono quei cinquanta studenti “scomparsi”?
L’indagine viene aperta a metà giugno. Qualche giorno dopo lo strano suicidio dello studente.
Basta poco è gli investigatori si accorgono che la Rete è piena di gruppi, confraternite, tribù e sette che giocano con la religione e il fanatismo.
Confessioni connettive, techno-buddisti, new ager neopagani, cyber satanisti, Hare Krishna high-tech.
Ma la Setta dei Cibernetici Evangelisti (gli Evangelisti sono una sorta di Guru della rete) non ha nulla a che fare con le cyber religioni. Loro sono hacker probabilmente con un progetto preciso. Con un obiettivo. E preferiscono non farsi notare.
Potrebbe essere nella norma. Un po’ di fanatismo, che finisce per suggestionare i soggetti  più deboli. Quello che scuote, però, in questi ultimi giorni di luglio è la notizia che negli ultimi cinque anni ben 12 studenti della facoltà di cibernetica si sono tolti la vita.
Su Livejournal.com, si può accedere al forum della Community dei compagni di studi di Savanovic. Uno che si sigla WK_fun scrive: “Mi ricordo che il vicepreside, alla riunione generale di inizio anno ha messo in guardia tutti noi contro l’adesione alle numerose sette. E quindi nessuno può negare la presenza delle sette”. Un altro aggiunge che “è il secondo suicidio di quest’anno”.
Insomma, un bel da fare per la Procura di Mosca.
E da metà giugno ad oggi sul giallo di Lomonosov è buio pesto.

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