“Vai, amico mio. E porta con te il mio cuore“.
Con un post struggente Maurizio De Giovanni si lascia alle spalle il commissario Ricciardi, e i fan protestano. Sta capitando a Napoli in questi giorni. Eppure il noto scrittore partenopeo aveva ampiamente annunciato la fine di un ciclo. “Noi scrittori non siamo proprietari dei personaggi. Loro esistono. I miei non sono maschere, invecchiano, e nei seriali non succede spesso”. Niente da fare. L’addio dell’uomo che parla coi morti (Il Pianto dell’Alba, Einaudi) ha addolorato molti. E ha ricordato altri ‘delitti’ celebri che pure avevano scatenato la protesta dei lettori più fedeli.
Capitò con l’investigatore più celebre di tutti i tempi.
Quando si accorse che la sua popolarità rischiava di essere schiacciata dal suo personaggio più famoso, sir Arthur Conan Doyle decise che era arrivato il momento di uccidere Sherlock Holmes.
Nel 1891, dopo solo 25 ‘avventure’, Doyle scrive alla madre e le svela il desiderio di liberarsi della sua creatura. “Fai come ti pare – risponde la madre – ma la gente non la prenderà bene.”
Due anni dopo, l’investigatore privato duella con l’acerrimo nemico Morirarty presso le cascate di Reichenbach, sulle alpi svizzere. Nel duello ha la peggio e muore. Apriti cielo. Nel mondo esplode una vera e propria protesta popolare che costringerà Doyle ha fa rinascere il suo eroe.
E questo è solo uno dei tanti episodi letterari nei quali uno scrittore tenta disperatamente di liberarsi del personaggio più amato dai lettori.
Nel Natale del 1975 Agatha Christie scelse di far uscire il romanzo “Sipario – L’ultima avventura di Poirot”, nel quale moriva il suo detective più famoso.
La salute della celebre scrittrice, ormai ottantacinquenne, era compromessa. Dame Agatha non riusciva più a scrivere e decise che era arrivato il momento di chiuderla con il belga più insopportabile della storia dei gialli.
Poirot torna a Styles Court, il luogo della sua prima avventura e ritrova il fido capitano Arthur Hastings, ma subisce una atroce sconfitta che determinerà la tragica decisione di lasciarsi morire.
Anche allora tra i lettori prevalse lo scoramento e la delusione. Ma almeno in quel caso c’erano ragioni indiscutibili.
“Uccidere un personaggio – ha provato a spiegare George R. R.Martin – non è mai semplice”. Eppure le sue Cronache del Ghiaccio e del Fuoco sono un’ecatombe. A partire dalla dolorosissima morte di Ned Stark, che aveva conquistato il cuore di tutti i fan di GoT.
Altra assassina letteraria è la Rowling. Uccidere Sirius Black, padrino del maghetto più amato di tutti i tempi, è stata una delle scelte più pericolose di tutta la sua carriera. Sirius muore in circostanze non del tutto chiare. E i fan hanno sperato per anni di rivederlo cOmparire. Niente da fare. Un po’ come è accaduto con un altro personaggio celeberrimo delle Serie Tv: Ciro Di Marzio, l’immortale. Colpito al petto dal suo amico fraterno, cui, però, aveva ucciso il padre.
In questo caso la scelta di far morire un protagonista decisamente ‘principale’ della serie Gomorra, si inserisce nella volontà degli autori di dare sempre la sensazione che i cattivi muoiano eccome. Ma Di Marzio aveva superato la soglia del personaggio negativo e sembrava impossibile immaginare di poter continuare senza di lui. Eppure…