L’avevano deciso un paio di anni fa. Ed era sembrata una buona idea. Gli uffici della sede centrale dell’anagrafe di Milano, sarebbero rimasti aperti fino a sera. Ogni mercoledì.
La gente lavora e deve pur avere il tempo di sbrigare faccende personali in orari alternativi.
Era sembrata un buona idea. E forse lo era. Almeno fino ad una quarantina di giorni fa. Almeno fino a mercoledì 16 settembre. Poi, è cominciato l’orrore.
di SONIA T. CAROBI
Sembra l’inizio di un romanzo di Stephen King, eppure quello che è accaduto un mese fa nel capoluogo meneghino è una storia vera che ancora si porta dietro l’imbarazzo e la paura di tutti quelli che l’hanno vissuta da protagonisti. Una donna rimane imprigionata nei sotterranei del palazzo dell’Anagrafe. Quando la ritrovano è in stato confusionale. Intorno a lei c’è sangue a fiumi. Ma la ragazza ha solo una ferita alla mano. Che cosa è accaduto in uno degli edifici più frequentati della città? Che cosa è accaduto nei sotterranei del Palazzo dell’Anagrafe, in via Larga, 12?
Urla. Nella notte
Cominciamola da qui la nostra storia. Cominciamo da quel labirinto di corridoi e scale che scendono nelle viscere di un antico palazzo a pochi passi dal Duomo, ma anche a poche centinaia di metri da piazza Fontana.
Cominciamo dalla sera di un mercoledì qualsiasi. Dalle urla di una donna, dalla sua camicetta insanguinata, dal terrore che aveva dipinto negli occhi.
E’ il 16 settembre 2009. A Milano fa ancora caldo. Un caldo che fa rabbia. Asfissiante. Che si aggrappa ai vestiti, che sembra non voler finire mai.
Elena R., 27 anni, dipendente dell’Ufficio Anagrafe, sezione Demanio, sta per andare via quando si rende conto che per chiudere l’ennesima giornata di lavoro, l’ennesimo, infinito mercoledì di pratiche, marche da bollo, noiosa burocrazia, deve scendere un’ultima volta negli archivi. Deve scendere nei locali vicini alla caldaia.
La donna non si perde d’animo. Affronta il labirinto senza pensarci più di tanto. Quel percorso deve averlo fatto mille volte. In quei locali c’è la storia della città, la storia di milioni di persone da quando sono nate a quando sono morte. Quando si sono sposate, quando hanno divorziato, quando hanno deciso di andare via o di ritornare. Milioni di persone, milioni di storie affidate a documenti spicci, freddi, definitivi.
Elena R. non ci pensa a queste cose. Si alza dalla sua scrivania e affronta le scale. Scende. Decisa. Fino a quando non sente un rumore, qualcosa di strano, che non rientra nella sua routine.
Sangue. Nei sotterranei
C’è qualcuno fra quei muri scrostati, tra quegli archivi che puzzano di polvere. Ma quello che accade intorno alle 21 nelle viscere dell’antico palazzo rimane un mistero.
Un addetto delle pulizie se la ricorda Elena che scende verso le caldaie. Ha una sciarpa sulla testa. Dice. Poi scompare nel buio.
Trenta minuti dopo le urla rompono il silenzio dell’edificio. E tocca a Raffaele F., il portiere del palazzo, lanciare l’allarme.
La ragazza è in stato confusionale. Non ricorda quello che è accaduto. Ha una mano che le sanguina, e anche i vestiti sono sporchi di sangue. Elena grida. Ha già chiesto aiuto aggrappandosi alla grata di una delle finestre che danno su Via Larga. Oltre al portiere, e a Fabio, il piantone, anche un altro passante l’ha sentita ed è intervenuto.
Quando le vanno incontro è impossibile capire cosa sta succedendo. Poi arriva la macabra sorpresa.
Gli addetti delle pulizie corrono nei sotterranei e si ritrovano di fronte ad una scena da film dell’orrore. C’è sangue dovunque. Su uno specchio, negli spogliatoi, sui vetri della guardiola, sulla scale che conducono alle caldaie. Sangue, non “macchie di sangue”. Sangue a litri, sangue che non può appartenere ad una sola persona. E che non può essere uscito sola dalla mano di Elena.
Orme. Nel cortile
Sul luogo arriva la Polizia. Ma è veramente difficile mettere insieme i tasselli del mistero. Nessuno parla, Elena non ricorda nulla. Dice solo che qualcuno la stava inseguendo.
Qualche giorno dopo nel cortile vengono rinvenute altre tracce di sangue, l’orma di una scarpa e una vecchia coppola da uomo.
Poca roba per tirar su un’indagine.
Eppure c’è chi giura che sotto quel palazzo è da tempo che accadono cose strane. I settecento dipendenti hanno paura. Ma non si sbilanciano, evitano i giornalisti e hanno deciso di parlare di quella storia il meno possibile. Cosa è accaduto nei sotterranei del Palazzo? Perché Elena non ricorda niente? Chi si nasconde nei locali della caldaia? E perché i dipendenti hanno tanta paura?
A distanza di quaranta giorni sul mistero di Via Larga nessuno spiraglio. Per tutti, ora, l’Ufficio Anagrafe è il Palazzo dell’Orrore.
Milano. Il mistero di Via Larga Orrore e sangue nel palazzo dell'Anagrafe
23 Ottobre 2009
Dopo oltre un anno, nessuna nuova. Chi ha collaborato con i giornalisti ha subito richiamo. La polizia? Mai vista…
Nessun mistero. Io sono del parere che un fatto del genere, ammesso che sia realmente accaduto come descritto, abbia richiamato l’attenzione di persone al di sopra delle semplici forze di sicurezza pubblica. Il mistero rimane per noi, la massa, tenuti all’oscuro da ciò che io presumo sia stato scoperto nel corso delle indagini ufficiose condotte senza pubblicità.
Beh, certo, non c’è da stupirsi! Passano gli anni ma la solfa … no: noi comuni cittadini, lettori, … dobbiamo ricevere in pasto le notizie se e come qualcuno più in alto – comunque cittadino come noi – decide a suo insindacabile giudizio. Trasparenza ZERO, ma lui ne è orgogliosamente convinto…! Massì ridiamoci sopra e compatiamolo, hahahahaha!!!