Quando nel 1851 apparve a Napoli Il mio cadavere di Francesco Mastriani sembrò quasi che la città che ospitava l’élite culturale europea volesse prendersi anche il primato della letteratura di genere. Dieci anni dopo Poe, ma sedici anni prima di Collins e ben trentasei anni prima di Doyle uno scrittore italiano si infilava nei registri del mystery e scriveva di veleni e oscure trame delittuose. Non accadde nulla.
Come niente successe dopo che donna Matilde Serao di gialli ne firmò addirittura due (Il delitto di via Chiatamone e La mano tagliata). Erano gli inizi del Novecento e la scrittrice di Patrasso, fondatrice de Il Mattino e prima donna italiana a dirigere un quotidiano (Il Giorno), si era inventata un detective che faceva il verso ai vari Nick Carter delle dime novel americane. Nulla. Nulla nemmeno dopo Veraldi e la sua Mazzetta (1976). Nulla dopo Ferrandino e il suo Pericle il nero (1993). Insomma, abbiamo dovuto aspettare Maurizio de Giovanni perché Napoli vedesse finalmente nascere una vera e propria Scuola di letteratura poliziesca e di indagine che ha dato un senso anche a questo volume.
Ciro Sabatino, giornalista di cronaca nera e studioso di letteratura popolare, è laureato in Lettere Moderne con una tesi sulla Camorra a Napoli e Caserta. Ai delitti di carta è passato fondando la casa editrice e il mensile Gialli.it che dal 2009 è un punto di riferimento per gli appassionati della letteratura di genere.
Oggi dirige il Festival del Giallo Città di Napoli