Erano da poco passate le sette e mezza di sera, quando la corriera se non volò via. Nel lago.
Non viaggiava neanche troppo veloce. Qualcuno disse che era per via di una voragine che si era aperta sulla strada per Malles, altri, il giorno dopo, scrissero che l’Alfa Romeo 500 della Fad aveva perso una ruota, all’improvviso, in curva. Cambia poco. Li ritrovarono sul fondo della diga. 15 metri sotto la superficie di quella pozzanghera odiosa. Il Lago di Resia. Con dentro 22 cadaveri. 5 ragazzini. Gente del posto. A tre giorni dalla festa di fine estate. 12 agosto 1951.
Se uno dovesse aver voglia di cercare l’inizio di una maledizione, forse quell’incidente, sembra scritto apposta. Come se non bastasse quello che era accaduto poco prima. Un paese intero sommerso per far spazio a un bacino artificiale. Curon che scompare sotto le acque della ‘modernizzazione’. 411 ettari di terra coltivata, duecento case e la chiesetta romanica di Santa Caterina d’Alessandria. Quella del campanile, si. Tutto sotto. Tutto sommerso. Senza nemmeno avvertire. In nome di una diga che non serviva a un cazzo.
E’ tutta qui, la storia di Curon Vecchia. Il paesino del campanile sommerso che da qualche giorno ha aperto i cassetti della memoria, per dar spazio ad una bella serie Netflix. Curon. Appunto. E la maledizione dei ‘doppelgänger’, la leggenda della campane, dei lupi, delle paure che ci portiamo dentro. Sommerse. Appunto. Come quel paesino, mezzo secolo fa, e oltre.
La serie è bella. Criticata dagli smanettoni Social, troppo ‘italiana’ per chi mangia pane e America, ma senza entrare nel merito, ha il merito indiscutibile di aver riportato in superficie una storia antica. Quella di un piccolo paese a pochi passi da Bolzano, di cui oggi rimane solo l’immagine inquietante e suggestiva insieme, di una torre a forma di matita, che spunta dalle acque.
Curon è un lago di leggende dimenticate. Le campane. Prima di tutto. Che si sentirebbero di notte, le ombre, che qualcuno vede ancora. Sciocchezze, naturalmente. Ma provate ad avvicinarvi con una barchetta al campanile, e vedete come la prendono quelli del paese nuovo. Quello che nacque dopo le cariche di esplosivo che fecero saltare l’intero abitato. Era il 16 luglio del 1950. Le campane di Santa Caterina suonarono per l’ultima volta. E poi, bum. Bum. Bum.
Da allora tutto quello che accade a Curon Nuova è nella testa della gente. Dentro i loro ricordi. Infilato nelle loro paure. Curon è bella di giorno. Ma di notte ‘fa’. Eccome, se ‘fa’. Il lago non perdona. Il lago non dimentica. La vita, sotto, non si è mai fermata. E’ solo diventata una vecchia leggenda. Che torna, nelle notti di luna piena. Per spaventare i bambini. E far capire agli adulti, che le cazzate, si pagano sempre.
Guardatevela, Curon. La serie. E’ bella. Ma solo per chi sa ancora guardare dentro le storie del nostro passato. E, ha ancora voglia, di non dimenticare.
Curon Venosta, è un comune di tremila abitanti, in provincia di Bolzano. Le campane non ci sono più. Se le portarono via prima di far sparire il paese.
Solo per cronaca. Eh.