Lo scontro frontale tra gli “anarchici della rete” e i nemici di Wikileaks si gioca a tutto campo e le conseguenze potrebbero essere disastrose; l’America mette alla testa dell’USCybercom, il braccio del Pentagono incaricato di combattere nemici ancora sconosciuti, un Generale di trincea; un team di esperti mondiali appartenente al prestigioso Istituto EastWest di New York, ha “gridato” l’esigenza di individuare e marcare zone protette da sottrarre a un eventuale conflitto cibernetico. Insomma, siamo in piena cyber guerra!
di SONIA T. CAROBI
Rob non scherza. Lui le cose le dice definitive. Dopo è tutto scontato.
Prima c’era la terra, il mare, il cielo e lo spazio. Rob dice che quelli erano “campi di operazioni militari”.
Dovevi difenderli, conquistarli. Dovevi scappare, sparare, ammazzare. Insomma, ci potevi fare la guerra. Così dice Rob. Quattro infiniti campi di battaglia, che ora non sono più quattro. Ora sono cinque. Ora c’è il cyberspazio. Dice Rob.
Lui di queste cose ne capisce. E’ il Segretario della Difesa degli Stati Uniti. Da qualche parte c’è scritto che si chiama Robert Michael Gates, che ha sessantotto anni e che è nato nella capitale mondiale dell’aeronautica. Wichita, in Kansas. Uno che ce l’ha scritto nel destino che “ne capirà”.
Ecco, voi prendete il buon Rob, i capelli bianchi, il faccione tranquillizzante, e immaginatevelo mentre dice questa cosa: è il cyberspazio il nostro prossimo campo di battaglia. Definitivo. Appunto.
E come fare a dargli torto. Basta una smanettata su Google e sulla cyber guerra vengono giù nocentoventitremila risulti. Settecentomila in più del semplice termine “guerra”. Sarà che ai ragazzini non gliene frega più niente di Imperi Ottomani, di Bosnia Erzegovina, di trincee o di gente come Lenin o Hitler. Oggi bisogna districarsi tra Back Door e Brute Force Attak, tra Cracker e Hacker, tra Flooding e Worm. E i “nemici” hanno facce da bravi ragazzi e nomi da fumetto. Tron, Capitan Crunch, The Mentor…
Insomma, Bob ha ragione. Da qualche parte, nel mondo, è cominciata la cyber guerra e noi non ce ne siamo neanche accorti.
Scenari di guerra
Quando girò la notizia che Liu Xiaobo aveva in tasca il Premio Nobel per la pace, la Cina occupò Internet. Siti oscurati, ostacolati. Motori di ricerca rallentati. L’azione fu veloce ed efficace. Come quando a Teheran qualcuno contestò la nomina di Ahmadinejad. In quel caso i sovversivi li braccarono e li beccarono su Twitter. Uno ad uno. Come una rappresaglia sull’Appenino Tosco- Emiliano.
E l’America non stava a guardare. India e Pakistan si scontravano a colpi di attacchi hacker, e al Pentagonoil generale Keith Alexander, quattro stelle e mascella quadrata, giurava fedeltà all’USCybercom, il braccio della National Security Agency, incaricato di combattere nemici ancora sconosciuti nel mondo virtuale.
Una nomina pesante che anticipava solo di un po’ la notizia che una specie di Convenzione di Ginevra (la creazione di zone franche per scuole, ospedali o altre entità simili, in modo da scongiurare il dilagare di una barbarie totale in caso di guerra) era ormai obbligatoria anche per il cyber spazio.
Rob non si sbagliava. Bisogna organizzarsi. La situazione sta precipitando. Solo nel 2009 la spesa globale dei governi e delle forze armate in strumenti di guerra informatica è arrivata intorno agli 8,12 miliardi di dollari.
Un giorno, sui libri di storia, risentiremo parlare di lui. L’uomo che aveva capito tutto. In anticipo.
L’unico, forse, che si era ricordato che ci sono troppo analogie tra l’inizio della Prima Guerra Mondiale e quello della Prima Guerra Cybernetica.
Ricordate? Ce l’avranno detto mille volte a scuola: il primo conflitto cominciò il 28 luglio 1914. Dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia. Motivo: l’assassinio, a Sarajevo, dell’erede al trono d’Austria Francesco Ferdinando.
Oggi qualcuno vuole uccidere Wikileaks, catturare Julian Assange. Le truppe degli anarchici della rete hanno già le armi spianate. Operation Payback, Facebook e Twitter sono la nostra nuova Sarajevo. Fuoco.
La nuova guerra mondiale si "gioca" nel cyberspazio Ecco quello che sta accadendo realmente sul Web
22 Febbraio 2011
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