Una vacanza a La Maddalena, una gita sull’isola francese di Lavezzi, attraverso le Bocche di Bonifacio per riscoprire uno dei più sanguinosi naufragi tra la Sardegna e la Corsica. La memoria di 770 soldati destinati alla Guerra di Crimea è scolpita su di una piramide di pietra, tra le rocce aguzze che hanno frantumato La Sémillante. Era il 15 febbraio 1855. L’incidente è ancora un mistero.
di DIEGO ROMANO
Qualche settimana prima, racconta Alphonse Daudet in Lettres de mon moulin, una corvetta francese diretta verso la guerra di Crimea si era schiantata sugli scogli delle Bocche di Bonifacio. L’imbarcazione era distrutta, ma l’equipaggio si era salvato. Per uno scherzo del destino alcuni degli uomini, una volta rientrati a Tolone, erano stati reimbarcati su La Sémillante, una fregata in partenza per il Mar Nero con un nuovo carico di soldati.
Erano circa 770 in tutto, tra uomini della marina e della fanteria. Il loro compito: arginare l’espansione Russa verso il Mediterraneo, con la propria vita. Ma il loro destino cambiò.
Il giorno di San Valentino la fregata partì per il Mar Egeo. La rotta più veloce prevedeva l’attraversamento del Mar di Sardegna, per poi puntare verso la Sicilia e la Grecia. Ma qualcosa andò male. Forse il Maestrale era più forte del solito, forse i passeggeri non riuscivano a sopportare la tempesta. Il capitano Jugan decise di attraversare le Bocche di Bonifacio e puntare al più tranquillo Tirreno. Lui era esperto di quel passaggio, lo aveva attraversato tante volte, in tutte le stagioni.
Ma quel giorno il mare era bianco per la spuma. Il Guardiano del faro di Capo Testa, in Sardegna, vide la fregata avanzare senza controllo verso la spiaggia di Reina Maggiore, come se stesse per arenarsi. Jugan riuscì ad alzare la vela di trinchetta e salvò la fregata spedendola verso le Bocche, verso quel passaggio che non riuscì mai a superare.
Non si sa che ore fossero, se fosse ancora notte, oppure giorno. Se il timone fosse ancora in grado di dirigere l’imbarcazione, o se fosse già andato, perso nel mare. Nessuno vide cosa accadde, nessuno udì alcunché.
Solo il 18 febbraio un pastore solitario dell’isola di Lavezzi, camminando verso riva, intuì qualcosa. Migliaia di frantumi di imbarcazione misti a brandelli umani erano sparsi ovunque, portati dalle onde. Come se qualcosa fosse esploso. Uno spettacolo agghiacciante che spinse quell’uomo, malato di lebbra, fino a Bonifacio in cerca di aiuto.
A causa del viso deformato, l’uomo era costretto a parlare mantenendosi il labbro superiore con un dito. Ci vollero alcune ore prima che gli abitanti di Bonifacio capissero cosa cercava di dire. Una volta arrivati sul luogo, fu impossibile identificare i resti umani. Erano circa 560 i corpi martoriati, senza identità. Furono sepolti lì sulla spiaggia, anonimamente. Solo un ufficiale, grazie alla sua divisa, poté essere identificato insieme al nome dell’imbarcazione. E così tutti gli altri uomini de La Semillante furono dichiarati ufficialmente dispersi.
I tempi cambiano, e oggi si va a Lavezzi nella bella stagione, per fare i bagni nelle sue acque cristalline e prendere il sole sulle spiagge bianche, lì tra i due cimiteri delle vittime de La Semillante, proprio di fronte allo scoglio con il monumento in memoria della tragedia.

Francia. La tragedia de La Sémillante Il mistero dell'Isola di Lavezzi
26 Settembre 2009
qualcuno e’ in grado di dirmi da dove proviene il nome di quest’isola?
e’ una curiosita’ visto che porta il mio cognome.
grazie
i lavezzi erano dei recipienti da fuoco a forma conica. forse li traevano dalla pietra locale.
sapete dirmi il punto esatto dove avvenne l’impatto? forse 41°20’17.09″N , 9°14’48.24″E ?