Se proprio dobbiamo trascorrere la nostra vita a parlare di mascherine, forse converrebbe ricordare anche che ottanta anni fa nasceva Black Mask, il pulp magazine che avrebbe rivoluzionato la storia del giallo nel mondo.
Storia bella bella, quella del periodico pensato dal giornalista H. L. Mencken e dal critico George Jean Nathan. Due amici senza un soldo, con in testa un sogno. Una rivista pronta a guardare i delitti di carta da una prospettiva completamente diversa. “Non ci interessa la soluzione finale” si dissero. “Meno che mai la soluzione del giallo. Contano solo i fatti, l’incalzare degli eventi, la tensione, la suspance”. Essere dentro una storia, viversela come se si stesse seduti in un taxi di notte, a tagliare la città. “Segua quell’auto”. E via. Dentro una nuova avventura.
Roba per investigatori privati maledetti. Roba da Hard Boiled. Altro che noiosissime cellule grigie, alla Poirot. Qui siamo dentro il crimine. Nel cuore della violenza.
A volte le cose vanno così. Mencken scrive a Nathan: “Sto pensando di avventurarmi in una nuova rivista economica. L’opportunità è buona e ho bisogno di soldi”. Partirono tranquilli, senza rischiare più di tanto, qualche anno dopo in quelle pagine pubblicate per la prima volta nel 1920, nasceva un nuove genere letterario. L’Hard Boiled, appunto. E a Black Mask approdavano gente come Dashiell Hammett e Raymond Chandler. La Scuola dei Duri. La risposta americana ai merletti della signora Marple.
100mila copia ad uscita, per la grande rivoluzione del mystery.
Oggi sono ottant’anni, da quella telefonata tra amici. Black Mask non c’è più. Ci rimangono solo delle mascherine azzurre, per evitare i delitti di un virus maledetto.