C’è qualcosa che non torna nel viaggio di Frodo e dei suoi otto compagni verso Mordor. Secondo due ricercatori dell’Università di Leicester, che hanno svolto una ricerca sulla dieta dei nove Eroi, per arrivare al Monte Fato la Compagnia si sarebbe dovuta portare dietro centinaia di pagnotte di Lembas. Il pane degli Elfi più volte citato da Tolkien. Ma di questo ‘carico’ nel libro e nel film non c’è traccia. Come hanno fatto Frodo, Gandalf, Aragorn, Boromir e i piccoli Hobbit a sopravvivere? E’ un bel mistero.
Capita anche questo. Che due studiosi di una prestigiosa Università inglese un bel giorno si interroghino su domande impossibili. Che non hanno nulla a che fare con le più classiche e banali “chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo”, ma riguardano la dieta personale di Frodo Baggins e compagni.
Loro si chiamano Skye Rosetti e Krisho Manoharan (nella foto sopra). Insegnano a Leicester e in un po’ di mesi hanno messo su uno studio incredibile sulle abitudini alimentari dei personaggi del Signore degli Anelli, che poi è stato pubblicato proprio in questi giorni sul “Journal of interdisciplinary science topics”, una delle più prestigiose riviste scientifiche anglosassoni.
Un viaggio impegnativo
Il punto di partenza è questo. Per affrontare un viaggio di 92 giorni e distruggere un anello, anzi l’Anello, quattro hobbit, un elfo, tre umani e un nano dovrebbero consumare circa 1.780.214,59 di calorie.
Di questa cosa Rosetti e Manoharan sono assolutamente certi. Perché prima di lanciarsi in considerazioni avventate hanno pensato bene di calcolare il metabolismo basale dei nove membri della Compagnia. E si sono accorti che un umano della Terra di Mezzo ha bisogno di circa 1700 calorie al giorno. Un Elfo 1400 calorie, e un Hobbit, alto più o meno 107 centimetri, di calorie ne spende 1800.
Il totale, per 92 giorni di viaggio è un numero non da poco. E allora è scattata immediata la domanda: cosa hanno mangiato durante il viaggio?
Su questo aspetto sono stati fortunati. Perché Tolkien nella sua Saga cita spesso il Lembas, una sorta di Pane Elfico a base di cereali che Frodo avrebbero dovuto portarsi negli zaini. Sembra filare tutto liscio. Ma la sorpresa è dietro l’angolo.
Skye Rosetti e Krisho Manoharan, instancabili, hanno fatto due calcoli e hanno scoperto che, durante il viaggio, Gandalf, Aragorn e Boromir, avrebbero dovuto mangiare 214 pagnotte di Lembas, il nano Gimli 99, 60 Legolas e 304 gli hobbit, Frodo compreso. Per un totale di dolcetti che a quanto pare non erano trasportabili in dei normali zainetti da viaggio. E allora? Come hanno fatto quei nove Eroi a sconfiggere le Forze del Male?
Domande delicate
Sono domande che tolgono il sonno. Rosetti e Manoharan non hanno aggiunto altro. Lasciando sgomenti milioni di appassionati della Saga.
Ma noi di Gialli.it non ci siamo dati per vinti e forse abbiamo trovato la soluzione.
Da un altro studio epocale. Quello del The Medical Journal of Australia, che qualche mese fa, preoccupato, come gli inglesi, per le abitudini alimentari della Compagnia dell’Anello risolse il problema dichiarando che i nove potevano senz’altro sconfiggere Gollum grazie ad una buona presenza di vitamina D che almeno gli Hobbit avevano accumulato prima del viaggio.
Si pensi a Bilbo. Ad esempio. Lui mangiava torte, semi, birra, pollo freddo, pasticci di carne macinata, insalata, formaggio, marmellata di lamponi e torte di mele. E quell’alimentazione gli ha permesso di sopravvivere allo scontro con il Male. Altre che pagnotte degli Elfi! Eccoqua.
Archivio mensile:Settembre 2015
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La mappa di un tesoro in uno spartito
Le vicende di Walbrzych in Polonia, dove ormai un’intera nazione è alle prese con la caccia al treno d’oro dei nazisti, sembrano aver coinvolto mezza Europa. I tesori scomparsi di Hitler si moltiplicano e non passa giorno che qualcuno non annunci una sorpresa.
Ora è la volta di Mittenwald, un piccolo paesino bavarese ai confini dell’Austria, dove si ritorna a parlare di una strana storia cominciata qualche anno fa, e poi dimenticata: la mappa di un tesoro nascosto in uno spartito musicale.
Qualcuno forse se lo ricorderà. Esattamente due anni fa, a metà settembre del 2013, un musicista olandese, Leon Giesen, 51 anni, collezionista di libri e documenti della seconda guerra mondiale, annunciò alla stampa tedesca di aver individuato il ‘tesoro nascosto dei nazisti”.
Secondo Giesen la mappa per arrivare al luogo esatto dove Hitler avrebbe fatto nascondere lingotti e gioielli del Reichsbank era celata tra le righe di una partitura musicale intitolata “Marcia Improvvisata” di Gottfried Federlein.
Negli ultimi giorni della guerra, lo spartito era finito nelle mani di Martin Bormann, uno dei più spietati gerarchi nazisti, e casualmente era diventato una specie di codice segreto. Nel senso che Bormann, tra note e pentagrammi, aveva appuntato il percorso di un treno che avrebbe trasportato l’oro in una località segreta. E aveva anche segnato il punto esatto dove il prezioso carico sarebbe dovuto arrivare.
La partitura venne affidata nelle mani del cappellano militare della Wehrmacht che a sua volta avrebbe dovuto portarla a Monaco.
Lo spartito scomparve misteriosamente, fino a che Leon Giesen non riuscì a ritrovarlo non si sa bene come.
Nel dicembre del 2012 il musicista olandese si presentò dal sindaco di Mittenwald e gli raccontò la sua storia. Nove mesi dopo cominciarono gli scavi con mezza Baviera che non vedeva l’ora di assistere al ritrovamento.
Le cose non andarono esattamente come sperato. Si scavò in tre punti diversi e vennero fuori solo una gran quantità di metalli non ben identificati. Che lasciarono perplessi i geologi, e delusi i cacciatori di tesori.
Due anni dopo, proprio in queste settimane, forse proprio sulla scia del gran clamore suscitato del ‘treno d’oro dei nazisti’ individuato in Polonia, un liutaio olandese, Cyril Whistler, dice di aver studiato per mesi quella partitura e di aver capito con precisione quale sarebbe il punto nel quale scavare con sicurezza.
Lui da questa storia ci ricaverà un libro e, forse, un’opera musicale. Il risultato delle sue ricerche è invece nelle mani del Governo tedesco che dovrà decidere se finanziare o meno gli scavi nel paesino di Mittenwald.
Insomma, salgono a due i treni d’oro da cercare. E i giornali di mezzo mondo ricominciano a parlare di meravigliosi tesori e antiche leggende come se si fosse ritornati all’Ottoncento. Almeno ne guadagniamo in fantasia.
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Il Treno d’Oro di Hitler
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Tornano 'i segni degli zingari'
In Inghilterra Polizia allertata dai “segni degli zingari”. Centinaia di segnalazioni per i ‘misteriosi’ graffiti che secondo molti permettono ai topi di appartamento di sapere tutto sulla casa e sulle abitudini del suo proprietario, per poi derubarlo indisturbati. La Polizia del Warwickshire mette a disposizione un ‘numero verde’. I giornali inglesi danno ampio spazio alla notizia. Ma è una leggenda metropolitana tra le più antiche. Che torna sempre. E sempre qualcuno ci casca.
La notizie è apparsa sul DailyMirror oggi. Un’intera regione inglese, quella del Warwickshire, è in allarme per una serie di disegni apparsi davanti alle porte di molte case.
Disegnati col gesso i piccolo graffiti darebbero il via libera ad imminenti furti. Ma segnalerebbero anche lo ‘status’ dei proprietari. ‘Ricco’, “nulla da rubare”, ‘sistema d’allarme’ e amenità varie, che però hanno molto preoccupato la gente del posto.
La memoria è subito andata ad un altro allarme diffuso meno di un anno fa nel West Yorkshire, dove la polizia, fece addirittura stampare l’elenco dei segni e lo distribuì nelle scuole e nelle case. Lo chiamarono, in uno slancio di fantasia, il “Codice da Pinci”. E naturalmente la notizia fece il giro del mondo.
Ora torna l’SOS ladri d’appartamento e le autorità locali mettono a disposizione un numero verde per le segnalazioni.
Peccato che nessuno si sia ricordato che è una bufala tra le più antiche e le più diffuse.
In Francia un volantino con i ‘segni degli zingari’ è apparso per la prima volta già nel 1987. E si guadagnò l’onore di un vero e proprio studio che venne poi pubblicato da Jean-Noel Kapfer nel libro “Le voci che corrono”. Kapfer analizzò il fenomeno in Francia, ma riportò anche fenomeni simili nei Paesi Bassi e anche in Portogallo e in Francia. Fino a raccontare che un elenco molt simile a quello che circolava in Francia alla fine degli anni Ottanta, girò in America addirittura tra gli anni Venti e Trenta.
In Italia il “Codice dei Ladri” è apparso per la prima volta nel 1997. Sulla scrivania dell’allora Ministro degli Interni Giorgio Napolitano. Ma la cosa non ebbe seguito.
Il fenomeno riesplose sette anni dopo. Nel 2005 i media parlarono diffusamente dei ‘segni degli zingari’, fino a quando una serie di siti specializzati dimostrarono che si trattava di una leggenda metropolitana.
Dieci anni e i disegnini riappaiono in Inghilterra. E, per l’ennesima volta, i giornali ci cascano.
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Napoli. EscapeRoom dedicata a Lost
EscapeRoom108-Napoli è la nuova ‘stanza da cui scappare’ nata a Napoli sulla scia del successo mondiale.
Riprende le atmosfere di Lost per un’esperienza indimenticabile.
Una sola stanza. Di quasi 100 metri quadrati. Nella meravigliosa cornice di Villa Patrizi, in via Manzoni, 21. Che ricorda la Stazione del Cigno, del Progetto Dharma. Un computer al centro. Un ticchettio ossessionante. Un countdown infernale. 108minuti esatti per premere un tasto e uscire.
Dunque anche Stazione di Posta 108 ha la sua EscapeRoom.
L’Open House di via Manzoni (diretta da Ciro Sabatino, cofondatore de Il Pozzo e il Pendolo, creatore di giochi come The Game e Jack, e direttore di Gialli.it) che già dalla primavera scorsa accoglie mind games e murder party apre al fenomeno del momento puntando alle atmosfere di Lost e più in generale ai temi cari alla Science Fiction.
Fantascienza e delitti. Misteri e crittogrammi. Codici e segreti. In una formula che miscela J.J. Abrams e Arthur Conan Doyle. Le sci-fi più famose del momento e la letteratura fantastica dell’Ottocento.
Insomma in EscapeRoom108 c’è Jack lo Squartatore, ma c’è anche John Locke di Lost. Ci sono i tesori di Stevenson, ma ci sono anche i messaggi cifrati di Zodiac, il serial killer che amava i crittogrammi.
Ogni avventura è una storia ‘chiusa’ che comincia con uno strano video, prosegue alla ricerca di una fuga che sembra impossibile, finisce, quasi sempre, con una sorpresa.
EscapeRoom108 può ospitare da 4 a 12 persone. Il tempo a disposizione è 108 minuti segnati dal countdown di un inquietante orologio. Il prezzo a persona è di 15 euro.
Sono previste delle session pomeridiane e serali. Ma in alcuni giorni della settimana è anche prevista un’edizione speciale con la partecipazione di attori e tante sorprese.
Ci si prenota telefonando allo 081.644121 o al 334.5785712. Oppure scrivendo a info@escaperoom108.it. E possibile anche pagare online qui.
Vi terremo aggiornati. Anche perché ci siamo dentro fino al collo.
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Ecco tutti i segreti della cucina di Agatha Christie
E’ iniziato a Torquay il Festival Internazionale dedicato alla scrittrice di gialli più famosa di tutto il mondo. Parliamo di quella che ha nascosto un cadavere in biblioteca, che ha viaggiato su un treno insieme ad un assassino, che ha creato la filastrocca che tutti i bambini hanno paura a dire ad alta voce, ancor di più se sono in dieci seduti in cerchio. Tra reading, proiezioni di film, passeggiate nei luoghi più famosi ed eventi caratteristici, ci si ritroverà a festeggiare il 125esimo anniversario di Agatha Christie. Tra tutti gli eventi, per quelli che amano la cucina, mercoledì 16 settembre la scrittrice francese Anne Martinetti, autrice del libro Crèmes & Chatiments, si ritroverà a cucinare, per tutti gli ospiti, dei piatti basati sui libri di Agatha Christie. Nel suo libro, infatti, si possono trovare le ricette della tradizione gastronomica inglese e internazionale spaziando dall’arte della colazione alle torte di Poirot, dai pasticcini e canapé per il “tea time” in compagnia di Miss Marple ai piatti esotici assaggiati dalla scrittrice nei suoi viaggi intorno al mondo, ai cibi per i picnic che la Christie adorava fare fin dall’infanzia.
L’abbiamo intervistata.
Da dov’è nata l’idea di scrivere questo libro?
“L’idea della cucina e, quindi, di conseguenza di scrivere un libro come questo, viene direttamente dai racconti di Agatha Christie, perché l’arma spesso è un buon piatto, com’è la torta al cioccolato nel libro Un delitto avrà luogo, o il fish butter in La parola alla difesa, ed anche la marmellata di arance, la tipica marmellata inglese! Inoltre, quando studi la sua vita e ti ritrovi immersa nella sua storia, non passa un secondo che subito scopri che era una buongustaia, amava la panna rappresa (ndr. originaria del West Country, è una delle più deliziose farce per dolci, paste e dessert), le mele, i gamberi… proprio come me!”
Sappiamo che Agatha Christie è la regina del crimine ma nei suoi libri, appunto, la cucina è un elemento fondamentale. Secondo te, un piatto ben cotto è un’arma più misteriosa rispetto ad una semplice arma da fuoco?
“Di sicuro per uno scrittore è molto più interessante uccidere i suoi personaggi con un pasto o delle bevande perché ci sono tante persone che mangiano quello stesso piatto o bevono quello stesso liquido. Di conseguenza, è più difficile capire chi sarà la vittima e, senza dubbio, chi sarà l’assassino. Per esempio, nel romanzo Giorno dei morti nessuno sa chi l’assassino vuole uccidere fino alla fine del libro!”
Che tipo di legame c’è tra la cucina e la vita reale della scrittrice?
“Durante la sua infanzia, Agatha Christie si era molto legata alla cuoca che lavorava a casa dei suoi genitori, una donna di nome Jane Rowe, molto importante per lei. Jane cucinava tutto il giorno tutti i giorni, meno che uno, e la scrittrice è stata in grado di descrivere i panini, le focaccine, i muffins e i budini così bene che di sicuro, il lettore, non può che iniziare ad avere l’acquolina in bocca. Sicuramente, il rapporto instaurato con questa donna è stato per Agatha il primo passo verso un mondo fatto di profumi e sensazioni diverse.”
Lo hai accennato già prima, la nostra scrittrice di gialli era, quindi, una buongustaia…
“Sì. Quando ti ritrovi a studiare la sua vita, scopri i suoi piatti preferiti, da quelli più semplici a quelli più ricercati e deliziosi. In particolare, nella sua autobiografia, descrive una cena speciale, quella di Natale, che si sa essere in Inghilterra particolare per i cibi e per il tacchino. Credetemi, quella descrizione è fantastica! Dozzine di piatti e dolci, il famoso Christmas pudding, persone che si ritrovano seduti intorno alla tavolo a mezzogiorno per alzarsi a mezzanotte!”
Il mistero è ovunque! Credi ci sarà anche nella sua casa dove, nel corso del Festival, ti ritroverai a cucinare?
“Beh… spero che il fantasma della mia scrittrice preferita venga ad assaggiare la mia “morte deliziosa” e le mie torte!”
Preparerai qualcosa di veramente speciale per i fans che verranno al festival? Puoi darci qualche indizio per noi curiosi?
“Cucinerò una torta al cioccolato come l’arma del delitto nel romanzo Un delitto avrà luogo e qualche torta (con o senza stricnina, ancora non so, vedremo…). Forse farò anche qualche panino con i cetrioli (chissà se saranno con o senza arsenico…).”
La sua morte non ha cambiato niente nel suo successo, la scrittrice inglese resta l’autore più letto al mondo. Che cosa pensi di questa dichiarazione e della sua astuzia?
“Credo che i libri di Agatha Christie abbiano sempre così tanto successo perché sono tutti diversi. Non ripete mai gli stessi personaggi, la trama è sempre diversa e sono moderni, con humour, temi sociali e critica letteraria. I domestici, inoltre, sono spesso più intelligenti rispetto alla piccola nobiltà! Ho letto e riletto tutti i suoi romanzi e i suoi racconti, ogni volta scopro sempre qualcosa di nuovo.”
Crèmes & Chatiments riguarda solo la scrittrice o ci sono dei riferimenti e dei legami con qualche altro scrittore legato al mistero e al cibo?
“Ce ne sono alcuni… Ho scritto anche qualcosa su Sherlock Holmes (uno degli scrittori preferiti di Agatha Christie), il quale era un buongustaio proprio come Sir Arthur Conan Doyle. Il libro si chiama Elementary, my dear Watson. Ma questo non è l’unico, ne potete trovare un altro sul grande artista inglese Alfred Hitchcock, Dial C for Cooking. L’Inghilterra, come vedete, è il mio secondo paese!”
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Scozia. Misterioso furto alla Kirkcaldy Gallery
Un arazzo che racconta la storia della Scozia è stata rubato l’altro giorno dalla Kirkcaldy Gallery. Secondo gli organizzatori della mostra chi ha trafugato quell’opera è ossessionato dalla leggenda della misteriosa cappella di Rosslyn ad Edimburgo, ed è convinto che il pannello nasconda il segreto del Santo Graal. Abbiamo provato a capirci qualcosa.
Intanto il furto. E’ avvenuto nella mattinata di giovedì scorso. Forse all’apertura della Mostra, forse un po’ prima.
Il pannello rubato fa parte di un grande arazzo composto da 160 pannelli che sono stati cuciti insieme da mille volontari.
Ci sono voluti mesi di lavoro per completare l’opera che è lunga 143 metri e racconta la storia della Scozia dalla battaglia di Bannockburn, del giugno 1314, all’ultima convocazione del parlamento scozzese del 1999.
Il pannello scomparso è opera dell’artista Andrew Crummy. L’idea di un arazzo che raccontasse la storia della Scozia è di Alexander McCall Smith. Giurista e famoso scrittore di gialli, noto per la serie di racconti che hanno come protagonista la detective Precious Ramotswe, responsabile della Ladies Detective Agency. McCall Smith vive da tempo ad Edimburgo.
Subito dopo la scoperta il Fife Cultural Trust che ha gestito la mostra ha lanciato un appello su Facebook chiedendo a tutti di dare una mano per il ritrovamento del pannello rubato. Nel frattempo le registrazioni video delle telecamere a circuito chiuso della Kirkcaldy Gallery sono state sequestrate dal magistrato inquirente e sono al vaglio della polizia locale.
Fin qui tutto nella norma. Un furto, un’indagine, il coinvolgimento dei Social nella caccia ai ladri. Ma perché il colpo alla Kirkcaldy Gallery sta facendo tanto scalpore? E’ semplice. Quel pannello, unico tra 160 pannelli, racconta una storia molto particolare. Quella della misteriosa cappella di Rosslyn ad Edimburgo. E qualcuno si deve essere convinto che la decisione di far partire l’arazzo dalla battaglia di Bannockburn, nasconda un motivo ben diverso dalla voglia di raccontare la storia della Scozia. Almeno nella testa di Alexander McCall Smith. Un giallista che ‘non fa mai cose a caso’.
Insomma, un pasticcio che conviene provare a chiarire.
Bannockburn, 24 giugno 1314
E’ il giorno della libertà, per il popolo di Scozia. L’esercito locale sconfigge le truppe di Edoardo II e si conquista l’indipendenza dall’Inghilterra. Tra le fila degli scozzesi anche dei soldati molto particolari. I Cavalieri del Tempio. Sfuggiti alle persecuzioni di Filippo il Bello, all’indomani dell’esecuzione di Jacques De Molay, una parte di loro ha avuto il tempo di imbarcarsi su una nave alla fonda de La Rochelle, e salpare verso la Scozia. Con loro un misterioso carico. Un tesoro. Dice qualcuno. Il Santo Graal. Dicono altri. Molti altri.
La battaglia di Bannockburn vede l’Ordine assoluto protagonista. Dopo l’inaspettata vittoria i Sinclair, una delle famiglie più potenti di Scozia, aiutano i Cavalieri a scappare in America. (Si. Avete letto bene. In America). E un secolo dopo, ormai legati all’Ordine da un vincolo antico e sacro, gli regalano una Cappella. La cappella di Rosslyn, non lontana da Edimburgo.
La misteriosa cappella di William Sinclair
Intanto diciamolo subito: Rosslyn è da togliere il fiato. Una delle chiese più belle della Scozia, in un paesino a pochi passi da Edimburgo.
La gente ci va perché la cappella è in tutte le guide turistiche. Ma anche perché Rosslyn nasconde un segreto. Dicono. Anzi. Di segreti ne nasconde troppi. E chi ha semplicemente visto o letto Il Codice da Vinci, di Dan Brown, ne sa qualcosa.
Quello è il luogo dei Templari. La loro Cattedrale. Il Tempio nel quale c’è scritta una storia. Quella del Santo Graal.
Ogni pietra, ogni dettaglio di quella chiesetta nella valle del Midlothian, rimanda a qualcosa. Sembra quasi che i Cavalieri in quella Cappella avessero voluto lasciare il loro ultimo messaggio al mondo. E non sono poche le persone assolutamente convinte che nei sotterranei di Rosslyn ci sia il tesoro che l’Ordine riuscì a sottrarre alla furia di Filippo il Bello, nel pieno della caccia ai Guardiani del Tempio.
Fin qui la storia è affascinante, ma nota. Ora ci tocca tornare a giovedì. Al furto alla Kirkcaldy Gallery e al ruolo di Alexander McCall Smith in questa curiosa vicenda.
E’ semplice. Gli organizzatori della mostra non lo dicono, ma sono in molti ad essere convinti che chi ha rubato quel pannello si sia convinto che lo scrittore zimbabwese, noto per i suoi gialli e per le sue accurate ricerche, abbia voluto ‘giocare’ un po’, lasciando nel pannello indizi relativi alle sue scoperte sul Sacro Graal. Il pannello rubato, infatti, è proprio quello dedicato alla cappella di Rosslyn.
Possibile che dopo tanti secoli ci sia ancora qualcuno ossessionato da quella leggenda?
Si. Possibile.
Questo pensano quelli che hanno organizzato la mostra alla Kirkcaldy Gallery e ora cercano aiuto per recuperare il clamoroso furto.
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Mafia, camorra e 'ndrangheta nei fumetti
Roma. La criminalità organizzata raccontata dai fumetti. Oltre 40 autori ‘disegnano’ la storia di mafia, camorra e ‘ndrangheta in Italia. E’ la prima volta che una Mostra raccoglie i fenomeni criminali del nostro paese attraverso le matite dei disegnatori più famosi.
L’idea è dell’Associazione daSud. L’obiettivo è quello di avere una prospettiva inedita sul mondo della criminalità organizzata in una storia di delitti e faide che parte dal dopoguerra e arriva ai giorni nostri.
90 tavole originali per ‘fermare’ omicidi che hanno messo in ginocchio lo Stato. Come quello di don Peppino Diana. Il prete anticamorra ucciso a Casal di Principe il 19 marzo 1994. O come quelli di Peppino Impastato e Giuseppe Fava.
Ma questa volta a raccontare l’orrore di questi anni saranno i personaggi che non t’aspetti. Da Dylan Dog a Nick Rider, tanto per fare qualche nome.
Tre le sezioni di Mc Mafia: Si comincia con le strisce realizzate nel secondo dopoguerra dove il fenomeno mafioso appare in tutte le sue surreali rappresentazioni (l’agente della squadra omicidi della polizia di New York, Nick Rider, nato dalla matita di Claudio Nizzi, ad esempio, si muove in atmosfere che ricordano quella Little Italy già narrata ne “Il Padrino” di Martin Scorsese), e si prosegue con una sezione dedicata alla satira e realizzata con l’aiuto dei giornalisti Giampiero Cardarella e Sergio Nazzaro, e che ospita le opere di autori come Riccardo Mannelli, Natoli, Mauro Biani e Natangelo (la mafia in questi casi non è più rappresentazione del male ma racconto della realtà, cronaca del quotidiano e memoria da conservare di un tempo in cui le mafie si sono radicate nel nostro paese) e con un percorso finale che racconta il presente attraverso l’esposizione di tavole tratte da fumetti più recenti con vere e proprie monografie dedicate alla vita di Giuseppe Fava, Peppino Impastato, don Peppe Diana e altri eroi dell’antimafia.
In esposizione, oltre alle 90 tavole, anche una sezione dedicata agli oggetti appartenuti alle vittime di mafia Pio La Torre, Pippo Fava, Giovanni Spampinato, Lollò Cartisano, Vincenzo Grasso, Giuseppe Tizian, Francesco Borrelli, Rocco Gatto, Giuseppe Valarioti e Totò Speranza.
“Mc Mafia” apre il 23 settembre e resterà nelle sale del Museo di Roma in Trastevere fino all’8 novembre. Poi proseguirà il suo viaggio a Cosenza dal 4 dicembre al 14 febbraio 2016.
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Il Libro Nero di Hitler
A settantacinque anni dalla Battaglia d’Inghilterra, Forces War Records pubblica per la prima volta la Lista Nera di Hitler. 2820 nomi che il Führer aveva ordinato di uccidere. Ci sono anche H.G. Welles, uno dei padri della fantascienza, e Virginia Woolf.
Il delirio. 144 pagine di follia per ordinare ai proprio uomini di sterminare ogni personalità inglese. Dai politici agli scrittori, passando per scienziati ed artisti. 2820 nomi in tutto, redatti dal generale delle SS Walter Shellenbergs e sottoscritti da Adolf Hitler in persona.
Era questo il piano che sarebbe scattato dopo l’invasione dell’Inghilterra. Almeno nella testa del leader nazista.Uffici della Gestapo dovunque, indagini della Rsha (il servizio di sicurezza Reichssicherheitshauptamt- Reich) sulle personalità più in vista del Regno Unito, e poi la strage. Senza risparmiare nessuno. Ma con delle priorità. Ucciderli a seconda del loro ruolo nella società.
L’elenco è da brividi. In testa alla black-list Winston Churchill, il deputato Clement Atlee, e il segretario di Stato Robert Anthony Eden. Poi giù fino ad arrivare alla voce “Scrittori”, con in testa Herbert George Wells, meglio conosciuto come H.G. Welles, uno tra i più polari e amati scrittori di fantascienza di tutti i tempi. Socialista e pacifista. Autore de La Macchina del Tempo. E considerato, insieme a Jules Verne, il fondatore del romanzo scientifico.
Ma non c’è solo lui nella hit-list di Hitler. C’è Virginia Woolf al nono posto. Col codice di morte W116. E prima di lei scrittori destinati ad essere arrestati e uccisi perché “femministi” o semplicemente perché omosessuali.
Nell’elenco anche militari e spie. E attori, ovviamente. Come Noel Coward, quello del Giro del Mondo in Ottanta Giorni. Ma quello che ha lasciato senza fiato è che il Führer avrebbe colpito anche mastri e professori inglesi titolari delle cattedre di maggiore prestigio del Regno Unito.
Insomma, tabula rasa sull’Inghilterra per cancellare il passato e la storia.
Il Libro Nero venne completato nel 1940. Hitler ne voleva stampare 20mila copie. E in parte quella tiratura venne realizzata e poi distrutta durante i bombardamenti.
Solo due copie hanno attraversato il tempo. E oggi quella lista delirante è stata finalmente pubblicata per intero.
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Bagno di folla per De Giovanni a Mantova
Ieri la giornata di Maurizio de Giovanni al Festival della Letteratura di Mantova. Il giallista napoletano tradotto in tutto il mondo svela a Luca Crovi, uno dei padri del noir italiano, come è diventato scrittore. Bagno di folla, incontri, presentazioni, e lui, il papà dell’ispettore Ricciardi, trova anche il tempo per parlare della sua passione per il calcio.
Non si smentisce mai Maurizio De Giovanni. Va a Mantova da protagonista assoluto e si mette a parlare di pallone, e dell’amore di Napoli per il Napoli. Quello di Sarri. Quello di Maradona.
Ieri la giornata praticamente dedicata a lui.
Alle 11,30, a Palazzo San Sebastiano incontro importantissimo. Con uno dei padri del noir italiano. Luca Crovi. Per nove anni conduttore della trasmissione “Tutti i colori del giallo” in onda su Radiodue, ma anche scrittore e redattore della Bonelli.
A Crovi De Giovanni racconta i suoi inizi. Il lavoro in banca, le prime storie, i colleghi che lo iscrivono ad un concorso a sua insaputa e poi il successo improvviso, fulminante, meritato.
La gente lo ascolta affascinata. Il suo è un viaggio nei ricordi, ma anche l’occasione per svelare tanti segreti su Ricciardi e sui romanzi che ormai sono tradotti in decine di Paesi.
Poi, all’improvviso, la virata. De Giovanni si diverte, gli piace Mantova e il suo meraviglioso Festival e comincia a lasciarsi andare. Inevitabile la puntata nel cuore della sua passione numero uno: il calcio (quello che racconta nel suo Il Resto della Settimana).
Il Napoli. Ma anche il modo con il quale i napoletani si vivono il tifo. “Nei miei libri – racconta felice De Giovanni – scrivo di passioni e non potevo non occuparmi di una delle più grandi passioni dei napoletani: il tifo. Eduardo De Filippo diceva che è sciocco essere superstiziosi, ma non esserlo porta male. Conosco una signora di 84 anni che stava in terrazzo mentre il figlio vedeva le partite del Napoli in televisione. Hamsik segna. Lei rientra in casa per qualche minuto poi ritorna in terrazza. Hamsik segna ancora. Ecco da quel momento con qualsiasi tempo, ogni volta che la partita si fa difficile la signora è costretta a stare fuori al terrazzo. Me l’ha raccontato il figlio. Lui le dice: “mammà portate pazienza”. E lei si prende il suo cappottino ed esce”. Ma così la uccidi, ho detto al mio amico. E lui: “ma no, ma no, si conserva meglio”.
Applausi, risate. Questo è De Giovanni. La passione di raccontare. Mischiando misteri e storie. Calcio e delitti.
Dopo l’incontro con Crovi altro evento nell’evento. Lo scrittore incontra Manzini e Carlotto, e Mantova si gode un tris di campioni che giocano e si divertono a parlare di scritture e libri.
La giornata di De Giovanni al Festival finisce con un reading all’Ibs bookshop di Mantova dove c’è anche Marcello Simoni, Patrizia Rinaldi, Pierluigi Porazzi e Romano De Marco.
Ora qualche giorno di riposo e poi ennesimo bagno di folla a Pordenonelegge. Lo aspettano lì sabato 19 settembre col suo ultimo Anime di Vetro. Falene per il Commissario Ricciardi.
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Matrimonio con 'magia'
Si sposa, e regala ai suoi ospiti un numero di levitazione. Già. Perché lui è un mago. Uno dei più famosi di tutti.
Justin Willman, stella del ‘Comedy Central’ e del ‘Tonight Show’, nel giorno delle nozze infila il suo migliore show e stupisce tutti. Compreso la splendida moglie Jillian Sipkins. Il video del matrimonio diventa virale.
Si sono sposati a Malibu, Justin e Jillian. Lei fotografa di moda, lui mago. E neanche un mago da poco. Una vera e propria stella dello spettacolo, nell’America che ancora impazzisce per la magia a teatro.
Un matrimonio tranquillo, tutto americano, ma con un finale a sorpresa. Justin Willman prende la moglie tra le braccia e le dice: “Ho un incantesimo per te”. E parte uno show a sorpresa che fa il giro del mondo. Con Jillian che fa la valletta del mago, e lui che tra lo stupore dei presenti rimane sospeso nell’aria.
Roba da commedia americana anche l’entusiasmo del padre e la dichiarazione di chiusura: “La faccia di papà vale ogni centesimo speso per questo matrimonio”.
Sono così, i maghi. Non perdono mai l’abitudine di stupire.
Willman ha 35 anni. E’ un attore, comico e illusionista. Nel 2011 si è esibito alla festa di Halloween organizzata da Barack Obama alla Casa Bianca. I suoi video, con le sue divertenti ‘magie’ hanno dato il via ad una webseries di successo. Jillian Sipkins è invece una fotoreporter professionista. L’incontro col mago ha pensato bene di raccontarlo su YouTube in un filmato esilarante in cui tutti e due sono completamente ubriachi.
Ecco il video del Matrimonio del Mago.