Uno Studio in Holmes, la più nota e prestigiosa Associazione sherlockiana d’Italia, vince la Caccia a Tesoro Internazionale sul detective più amato di tutti i tempi.
Si tratta di una delle più importanti competizioni del mondo sul “canone holmesiano” organizzata dalla The John H Watson Society.
Abbiamo chiesto ad uno dei membri del Team (Michele Lopez) di raccontarci com’è andata.
La John H Watson Society è una società piuttosto atipica nel panorama delle numerose associazioni mondiali che raccolgono gli appassionati delle storie di Sherlock Holmes. Sebbene in quasi tutte queste associazioni si sottolinei l’importanza del ruolo svolto dal dottor Watson nelle storie, sia come narratore sia come personaggio, l’accento è più spesso posto sulla figura di Sherlock Holmes: non a caso gli appartenenti a queste società si definiscono “sherlockiani” (termine prevalente negli USA) o “holmesiani” (termine preferito dagli europei). La JHWS è nata invece per raccogliere gli “watsoniani” e scopo principale della società è, per citare lo statuto, “il riconoscimento dei contributi del dottor Watson, spesso nascosti o fraintesi, ai casi, alle avventure e alle memorie che scrisse in qualità di primo biografo di Sherlock Holmes. La Società crede che Watson sia pari in statura a Holmes e che i risultati da lui ottenuti e il suo talento meritino ulteriori studi e ricerche.”
Don Libey
Fondata nel 2013 ad opera di un gruppo di appassionati americani, principalmente concentrati intorno al gruppo californiano dei “The Napa Valley Napoleons of Sherlock Holmes”, la JHWS pubblica un periodico semestrale, “The Watsonian”, che è diventato col tempo uno dei punti di riferimento degli studi nel settore. Uno dei fondatori e l’autentico motore delle iniziative della società, con il suo entusiasmo, era il compianto Don Libey, recentemente scomparso.
Autore di una “Biografia e Autobiografia di Sherlock Holmes” e per anni, oltre che appassionato del grande detective, membro del The Wolfe Pack, l’associazione che riunisce i fan di un altro grandissimo investigatore, Nero Wolfe, Don era l’autore dei quiz che venivano (e vengono tuttora) proposti settimanalmente sul sito della JHWS, nonché l’ideatore della grande Caccia al Tesoro internazionale da tenersi annualmente, divisa in competizioni individuali e a squadre. Si tratta di un quiz suddiviso in 100 domande (nella prima edizione del 2013, diventate poi 150 per l’edizione 2014) molto difficili e che non implicano solo una conoscenza approfondita del Canone holmesiano, ma abbracciano svariati aspetti storici, politici, artistici e letterari dell’epoca vittoriana. Il quiz viene pubblicato il 1° agosto e si ha tempo fino al 31 agosto per rispondere via mail al maggior numero di domande possibile.
La sfida
Noi di Uno Studio in Holmes, l’associazione degli holmesiani italiani, abbiamo partecipato per la prima volta con una nostra squadra all’edizione dello scorso anno, classificandoci al secondo posto nella categoria “squadre”.
Quest’anno, dopo la prematura scomparsa di Don Libey nel mese di marzo, il non facile compito di preparare il quiz per la caccia al tesoro 2015 è ricaduto su Margie Deck, membro del team vincitore dell’edizione 2014. Margie è tornata al formato delle 100 domande. La competizione, tenutasi come di consueto nel mese di agosto, ha visto la vittoria del team italiano di Uno Studio in Holmes, con 98 risposte esatte su 100 e 153 punti su 156 disponibili (alcune domande valevano 2 o 3 punti a seconda del caso).
Naturalmente siamo molto orgogliosi del risultato, considerando che si tratta di un quiz completamente in lingua inglese e che sfrutta ampiamente, nella formulazione delle domande, indizi verbali basati su sfumature e giochi di parole. I membri del team vincente sono: Michele Lopez (presidente di Usih), Stefano Guerra, Enrico Solito, Vera Mazzotta e Roberto Vianello.
Archivio mensile:Settembre 2015
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Ufo. Ecco come si costruisce un fake
Dagli inizi di settembre è ricominciato il boom degli avvistamenti Ufo. Erano un po’ di anni che non se ne registravano così tanti. Ufo dovunque, e testate blasonate che, soprattutto nella versione online, non disdegnano anche le segnalazioni più improbabili. Perché? Sta per accadere qualcosa? Siamo alla vigilia di una epocale invasione aliena?
No. Gli Ufo, in qualsiasi salsa, fanno visualizzazioni, click, like, contatti. E nessuno intende rinunciarci. Perché in molti casi questa ‘movimentazione’ su un sito, su un blog, su un webmagazine o anche solo su un profilo o su una Pagina Facebook, si può trasformare in denaro.
Gialli.it nel suo piccolo ha deciso di non continuare a speculare sugli Ufo (perché questa cosa significa truffare e illudere i lettori) e prova a spiegare come si costruisce un articolo su una storia falsa. O datata.
Partiamo da un fatto concreto
Ieri mattina, domenica, il Mirror, che è la versione digitale di uno storico quotidiano britannico fondato nel 1903, pubblica, in apertura, una notizia su un caso celebre per gli appassionati di ufologia e rapimenti alieni.
Si tratta del ‘caso Hill’ la vicenda di una coppia americana che nel 1961 sarebbe stata rapita dagli extraterrestri.
Al centro di questo ‘caso’ una mappa stellare che uno dei due coniugi avrebbe mostrato ai giornali come prova del contatto alieno.
Il Mirror spinge su questo dettaglio e giustifica l’articolone di apertura con il fatto che un fantomatico studioso americano avrebbe scoperto che quella mappa indica un sistema solare binario, noto come Zeta Reticuli, che i due non avrebbero potuto conoscere. Quindi, spara il Mirror, la loro storia è vera.
Anche noi abbiamo pubblicato la notizia (e ce ne siamo pentiti). Ma in coda all’articolo abbiamo almeno spiegato che già nel 1961 ben tre ‘ufologi’ dichiararono che quel disegno era Zeta Reticuli. Quindi la notizia non c’è. Non esiste. Nel senso che è vecchia e già discussa. Eppure l’articolo del Mirror ha fatto il giro del mondo. Con centinaia di migliaia di visualizzazioni. E anche il nostro non è andato niente male. Scusateci.
Se si parte da questo esempio il giochino è facile facile.
Come si costruisce una notizia falsa sugli Ufo
Gli ingredienti sono pochi, ma sempre efficaci. Facciamo un elenco.
1. Descrizione dettagliata del luogo, del giorno e dell’ora dell’avvistamento. Dà sempre la sensazione che non si abbia nulla da nascondere, perché potrebbero esserci testimoni in grado di contestare la notizia. Chiedetevi solo se qualcuno scrivesse che ha visto un Ufo attraversare piazza Navona alle 18,15 di sabato 19 settembre e magari passavate di lì, quale sarebbe la vostra reazione se non quella della serie “caspita, c’ero anch’io e sono sempre il solito distratto!”.
2. Citazione di un’istituzione, un centro, un’associazione con un bel nome, ma la cui esistenza, la cui attività o credibilità e assolutamente indimostrabile. “Dopo aver visionato il filmato l’International Center UFO Studies (nome inventato) ha dichiarato che si tratta di immagini molto importanti”. Cos’è l’International Center UFO Studies? Chi sono i membri? Dove opera? Nessuno, ovviamente se lo chiede, basta il nome. Anche se magari si tratta di un’associazione di burraco di qualche sperduto paesino del Nevada.
3. Citazione di un nome. Uno qualsiasi. Ma che assicuri una parvenza di concretezza all’articolo. “Allan Borsman (nome inventato), del Department Research Extraterrestrials of Massachusetts (nome inventato), non ha dubbi: gli alieni invaderanno la terra a breve”. Anche in questo caso il tempo di andare a controllare se Allan Borsman esista davvero non ce l’ha nessuno. L’articolo è stato letto, il risultato ottenuto, e in caso di contestazione il commento all’articolo viene cancellato.
4. Il richiamo alla reazione’ del Web.
“Il video dell’avvistamento Ufo sui cieli di Parigi è stato visualizzato da 2 milioni di persone su YouTube”. Operazione subdola, perché per un giornale il numero di visualizzazioni è già una notizia. Quindi coscienza pulita e vai.
5. Il precedente storico. Serve per far crescere un po’ una notizia altrimenti debolissima. “Avvistato un Ufo sulla terrazza della Pizzeria Bella Napoli. Non è la prima volta che capita. Già nel 1965, proprio mentre un gruppo di giapponesi ordinava una Quattro Stagioni, un disco volante si alzava nel cielo”. Il precedente è incontrollabile. Ovviamente. Ma funziona sempre.
Ingredienti semplici semplici, dunque. Ma che non fanno un buon servizio ad un fenomeno che dalla notte dei tempi affascina le persone. Forse ci vorrebbe più serietà (anche da parte nostra, certo) e più coraggio. Anche nell’esprimere oggettive perplessità.
Ieri volevamo pubblicare la notizia della presenza di Pier Fortunato Zanfretta al Convegno organizzato dal C.Ufo.M a Pomezia. Lui è uno dei ‘casi’ più discussi in Italia. Rapito dagli alieni nel 1978 racconta storie incredibili con il volto, la serenità e anche la simpatia di una persona per bene. Niente da dire. Ma secondo noi se Zanfretta vuole continuare a raccontare la sua storia deve cominciare fornire delle prove serie e concrete. La sfera aliena? Vediamola. La ‘porta‘ sulle montagne di Genova per entrare in un’altra dimensione? Andiamo a vederla. Altrimenti basta. Son 35 anni che rilascia interviste e ci mette solo faccia e parole. Non basta più. Per onestà, e anche per rispetto di chi legge e di chi veramente è interessato a questo fenomeno e vuole, con sincerità, saperne di più.
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Ufo. Betty Hill diceva la verità
Betty e Barney Hill, la coppia statunitense che agli inizi degli anni Sessanta sostenne di essere stata rapita dagli alieni, forse diceva la verità. La prova in un disegno che consegnarono ai giornali dell’epoca. Quelle linee ricordano Zeta Reticuli. Il sistema solare binario di cui i due non potevano sapere niente e che sarebbe, secondo gli ufologi, la base di partenza dei Grigi.
La notizie esplose in America nel natale del 1961.
Betty e Barney Hill, di Portsmouth, nel New Hampshire, lui impiegato postale, lei assistente sociale, lui afroamericano, lei bianca, dichiararono ad una stazione televisiva americana di essere stati rapiti dagli alieni.
L’abduzione, forse la prima tanto pubblicizzata negli Usa, sarebbe avvenuta la notte tra il 20 e il 21 dicembre 1961. Mentre i due attraversavano le White Mountains, dirigendosi verso casa.
Sul tragitto uno strano oggetto colpì la loro attenzione. Sembrava un piccolo aereo. Barney fermò l’auto e scese. Dopo qualche minuto era di nuovo in macchina col piede sull’acceleratore. Quel veicolo li stava inseguendo. La corsa durò circa dieci minuti. Poi il ‘contatto’. Degli strani essere avevano bloccato l’auto e avevano invitato i due a scendere. Quello che accadde dopo è un mistero. Betty, in stato di iponosi, ricordò solamente che era stata sottoposta ad un test doloroso. Le infilarono, disse, un ago nell’ombelico. Punto. Nessun altro ricordo.
Alcuni giorn dopo i due furono sottoposti di nuovo ad una seduta di ipnosi e ricordarono, entrambi, che gli esseri che li avevano catturati, gli avevano mostrato una mappa. L’analista che seguiva la seduta chiese a Betty di disegnare la mappa. E lei tracciò una serie di linee confuse.
Due ufologi dissero subito che si trattava di una mappa stellare che ricordava Zeta Reticuli. Ma nessuno confermò la cosa, e la vicenda dei due finì nel dimenticatoio.
A 55 anni di distanza dal quel ‘rapimento’ David Saunders, un ufologo molto noto negli Stati Uniti, recupera tutto il fascicolo del ‘caso Hill’, e come avevano fatto i suoi colleghi nel 1962, dimostra che la mappa stellare disegnata da Betty sotto ipnosi è proprio Zeta Reticuli. Il sistema di corpi celesti al confine della nostra Galassia, e che ospiterebbe i leggendari Grigi. Gli alieni che secondo gli appassionati di Ufo sarebbero da anni presenti sulla terra e sarebbero anche responsabili di molte mutazioni genetiche degli animali.
Per gli ufologi non è una sorpresa. Il Mirror, stamattina, spara la notizia a tutta pagina, spiegando che si tratta di una conferma attesa da anni. L’ufologa Marjorie Fish notò quella somiglianza già nel 1962.
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"Fermate gli esperimenti al Cern"
Sette giorni a Blood Moon e ora i cospirazionisti del Web puntano il dito sul Cern: “Sarà quel maledetto acceleratore di particelle ad attrarre l’asteroide che distruggerà la terra”. Da Ginevra nessuna risposta. Il Large Hadron Collider è stato riattivato a giugno, dopo due anni di stop, e i ricercatori che hanno dimostrato l’esistenza del Bosone di Higgs non ne possono più di accuse e preoccupazioni.
Eccolo il capro espiatorio. A sette giorni dalla Super Luna che sta tenendo il mondo col fiato sospeso, i seguaci delle Teorie Cospirazioniste hanno il loro nemico.
Si chiama Large Hadron Collider. Meglio conosciuto come LHC. Si tratta dell’acceleratore di particelle più potente costruito fino ad oggi. Realizzato al confine tra la Francia e la Svizzera, a cento metri sotto terra, la caverna che ospita questo enorme cilindro di metallo lungo 27 chilometri, è veramente un altro mondo. Secondo solo alla leggendaria area 51 del Nevada. Costato quattro miliardi e mezzo di dollari, con costi di gestione annui che oscillano intorno al miliardo, e con circa 6000 scienziati che ci lavorano ogni giorno, l’acceleratore ha già regalato al mondo il Bosone di Higgs. Meglio conosciuto come la ‘particella di Dio’. Una particella elementare fondamentale nel processo della creazione dell’Universo.
Si tratta, insomma, dell’unico progetto che potrà rispondere a domande fino ad oggi impossibili. “La migliore barca al mondo – scherzano al Cern – per entrare in uno spazio ampio e inesplorato che potrebbe riservarci enormi sorprese”.
Eppure, questa meraviglia della scienza, che ha regalato a Peter Higgs il premio Nobel per la Fisica nel 2013, fa molta paura, e secondo alcuni potrebbe addirittura causare la distruzione della Terra.
Al centro della querelle un’accusa lanciata già qualche anno fa: LHC rischierebbe di produrre un buco nero stabile che finirebbe per inghiottire il nostro pianeta.
Nel 2008 il fisico statunitense Walter Wagner e il giornalista spagnolo Luis Sancho tentarono di bloccare i lavori all’acceleratore, intentando una causa contro il Cern. LHC finì in Tribunale, ma una Corte degli Stati Uniti d’America, pure considerando l’acceleratore potenzialmente pericoloso, ritenne che non ci fossero le condizioni per bloccare il Progetto.
Il Large Hadron Collider ebbe via libera e cominciò a macinare successi e risultati stupefacenti.
Oggi qualcuno riapre quella polemica proprio in vista della ormai famosa Bood Moon. La Luna di Sangue che si alzerà nel cielo nella notte tra il 27 e il 28 settembre.
Un evento unico, un’eclissi totale che si ripeterà solo nel 2033. Ma che da mesi scatena allarmismi gratuiti ed evoca antiche e infauste profezie. Come quella che vuole che quella notte un gigantesco asteroide si abbatterà sulla terra.
A nulla sono valse le dichiarazioni della Nasa sulla falsità e sull’impossibilità di un evento del genere. In queste ore decine di Profeti annunciano la Fine del Mondo.
Il portoricano Efrain Rodriguez, ultimo in ordine di apparizione, ha tentato di raccontare al mondo che il presidente Usa avrebbe inviato 40 missili a Portorico per bombardare l’asteroide in arrivo. E ha anche segnalato con precisione ora e posizione esatta dell’impatto. Il ‘pietrone’ che arriva dal cielo colpirà la città di Mayaguez e l’Isola di Mona alle 2 di notte del 28 settembre.
La sua ‘profezia’ si è presa un centinaio di migliaia di like sui Social ed è finita lì. Ora i cospirazionisti hanno un’altra preoccupazione. LHC, che da giugno ha ricominciato a pulsare, attirerà veramente un gigantesco asteroide sulla terra. Bisogna fermarlo.
Si attende l’ennesimo intervento della Nasa.
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Chi ha paura di Alvignanello?
Perché nessuno ha mai voluto aprire un’indagine sulla misteriosa moria di pecore di Alvignanello?
Questi e altri strani aspetti del mondo ‘extraterrestre’ saranno discussi domani al Convegno del C.Ufo.M (Centro Ufologico Mediterraneo) a Pomezia.
Ma sul ‘caso Avignanello’ pare ci siano delle novità. “Anche perché – dice il presidente Angelo Carannante – su quella incredibile storia abbiamo deciso di indagare noi”.
Era la sera del 15 dicembre 1996 quando i cani cominciarono ad abbaiare.
Andrea e sua moglie stavano vedendo la Tv. Ma c’era qualcosa, nell’aria, quella notte. Qualcosa di strano, di incomprensibile. Una sensazione di sventura.
Il giorno dopo, alle sette e mezza di mattina, nel recinto dove Andrea allevava il suo gregge, 90 pecore erano morte. Il resto erano scappate via.
Non una goccia di sangue sul corpo degli animali. Solo due fori alla gola. Punto.
Comincia così una delle storie più incredibili della Campania. Il ‘mistero di Alvignanello’, una piccola frazione del comune di Ruviano, in provincia di Caserta. Animali trovati morti, uccisi con modalità misteriose, e nessuna spiegazione razionale. Neanche dai veterinari. Meno che mai dalle forze dell’ordine.
Sono anni che il C.Ufo.M tenta di capirci qualcosa. Sono anni che il presidente del Centro, Angelo Carannante, tenta di far capire che si tratta di un fenomeno sul quale bisognerebbe indagare seriamente. Ma niente. Nessuno ne vuole più parlare. Anzi, ogni indagine privata non è vista di buon occhio, ed ora, proprio in occasione del Convegno di Pomezia, che si terrà domani (domenica 20 settembre) Carannante e gli appassionati di Ufo che animano il suo Centro, hanno deciso di ribadire che su quella storia proveranno ad andare fino in fondo.
“I fatti – dice il presidente del C.Ufo.M – si sono ripetuti. Poco tempo dopo quella assurda notte altre pecore sono state trovate uccise con le stesse modalità. E sono morti anche molti cani che le proteggevano”.
Carannante sostiene che le nuove indagini debbano partire da molte impronte trovate nella zona. E definite, da alcuni veterinari, come “appartenenti ad un animale che deve aver subito un’alterazione genetica”.
Non si tratta di un alterazione, spiegheranno domani al Convegno, ma semplicemente dell’ennesima prova dell’esistenza, in quella zona, del Chupacabras, una sorta di creatura aliena presente, sempre, nelle aree dove sono stati segnalati molti avvistamenti di Ufo.
E Alvignanello dal lontano 1954 è definita il ‘paese degli Ufo’. Con il record di segnalazioni e anche una serie di casi sconcertanti. Come il rapimento alieno di un contadino della zona. E come il grande cerchio nel terreno ritrovato da un altro agricoltore nella sua proprietà.
Domani il ‘caso Alvignanello’ sarà al centro del dibattito degli ufologi, e c’è da giurarci che se ne sentiranno delle belle.
Vi terremo aggiornati.
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San Gennaro ha fatto il Miracolo
Alle 11,22 è stato annunciato il ‘miracolo’ tanto attesa dai fedeli napoletani.
Nelle ampolle del santo Patrono la liquefazione è avvenuta.
La primo notizia documentata sull’ampolla contenente la reliquia è datata 1389. Da allora, tranne che in alcuni, rarissimi casi, San Gennaro non s’è fermato più. Una liquefazione tre volte all’anno Il sabato precedente la prima domenica di maggio, il 16 dicembre e il 19 settembre. oggi, appunto. E tutta la città si sente più tranquilla.
Leggi anche tutte le curiosità sul Miracolo.
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Jimi Hendrix e il Club della J27
45 anni fa, il 18 settembre 1970, moriva Jimi Hendrix. Aveva solo 27 anni quando fu trovato senza vita nella sua stanza al Samarkand Hotel di Londra.
Ieri il mondo ha omaggiato il leggendario chitarrista.
Noi di Gialli.it, oggi, vogliamo ricordare il Club al quale era stato iscritto dal Destino. Il Club della J27. La leggenda nera del rock.
Ci sono morti che sembrano fatte apposta. Che sembrano scritte solo per assicurare un finale giusto a chi se l’è meritate. A chi le ha cercate. Disperatamente.
Non poteva essere diversamente trattandosi di “quei” quattro. Trattandosi delle loro, di vite. Estreme, folli, infinite. Come un soffio di vento.
Brian Jones, Jim Morrison, Janis Joplin, Jimi Hendrix. Quattro destini incrociati da una beffarda J che qualcuno ha deciso dovesse essere scritta sulla loro patente. Quella per l’eternità. Partiamo da qui. Cominciamola così la nostra caccia ad una storia impossibile. Il nostro viaggio nel cuore nero del rock. Nei meandri di una favola che puzza di maledizione. La patente di quattro musicisti dannati. Quattro teste di cavolo che ora passano la vita a suonare in paradiso. O all’inferno. Cambia poco.
La loro storia è una leggenda scritta nelle pagine della grande musica, nei faldoni polverosi della mitologia anni ’70.
Brian fonda un “gruppetto”. I Rolling Stones. Mai sentiti? Jim si lascia i Doors alle spalle e si tira dietro centinaia di miglia di fan verso un viaggio mistico alla ricerca di chissà cosa. Janis (o meglio, le sue ceneri) se ne vola sull’Oceano Pacifico dopo che Leonard Choen le ha dedicato una delle canzoni più belle di tutti i tempi. Chelsea Hotel #2. Jimi brucia la sua chitarra al Monterey Pop Festival (roba tipo 1967) nel momento esatto in cui centomila persone capiscono, contemporaneamente, che quella è è la Fender Stratocaster di gesù cristo in persona.
Insomma quattro giganti, accomunati dalla musica e da una maledizione. Sono morti tutti a 27 anni. In circostanze misteriose. Ovviamente.
Il primo della lista è il fondatore delle pietre rotolanti. Brian Jones, classe ’42, bianco, chitarrista. Lo trovano in una piscina, faccia in giù, la mattina del 3 luglio 1969. La sera prima aveva fatto bisbocce. Esagerato. Litigato, forse, con un tizio che faceva il fesso con la sua donna. Sul referto c’è scritto “overdose”. E va bene così.
Il secondo è Hendrix. Un anno dopo. 18 settembre 1970. Dice Wiki. Causa della morte “Soffocamento da vomito, in seguito ad un cocktail di alcool e tranquillanti”. Lo trovano in un appartamento del Samarkand Hotel, al 22 di Lansdowne Crescent. Ma nessuno sa se è già morto o se morirà durante la corsa in ospedale.
La terza è la Joplin. Qualche settimana dopo. il 4 ottobre 1970. Anche per lei overdose. Forse. La scia di sangue e misteri si chiude con il Re Lucertola. E il 3 luglio 1971. Lui è in una camera al n. 17 di rue de Beautreillis, nel quartiere de Le Marais. A Parigi. Il corpo non lo fanno vedere neanche alla sua donna. Qualche anno dopo la morte un giornalista gli offre da bere in un caffè della capitale francese.
Ah… anche una cerca Amy Winehouse, morta a 27 anni, aveva una J graffiata sulla patente. Quella di ‘Jade’. Il suo secondo nome.
Brividi sulla pelle. Soffia un’antica maledizione.
La maledizione della J27.
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Pisa. Appaiono i numeri 'magici' di Fibonacci
Pisa. Sulla facciata della chiesa di San Nicola, appena restaurata, è apparsa la Serie Fibonacci, la ‘magica’ sequenza numerica che per secoli ha incantato e affascinato matematici e studiosi.
La scoperta, che si deve allo studio del professor Pietro Armienti, docente di petrologia e petrografia dell’Università di Pisa, è stata recentemente pubblicata sul “Journal of Cultural Heritage”. Una delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo.
Era rimasta ‘nascosta’ per secoli. Celata dai segni del tempo e dell’incuria. Poi, grazie agli interventi di restauro, il ‘messaggio’ scolpito nella lunetta del portale è venuto fuori in tutto il suo splendore. A dimostrare che dietro il progetto di quella chiesa ci fu il lavoro congiunto di matematici, teologi e artigiani. E ci fu la voglia di una città intera di superare la visione medievale del mondo e fare di Pisa la culla del pensiero moderno.
Eccola, dunque. La Serie Fibonacci, la sequenza che ogni studioso ha cercato nei momumenti di tutto il mondo, appare in una piccola chiesa di Pisa in tutto il suo fascino ‘magico’.
“Per vederla, per capirla – dice Armienti – bisogna assumere come unitario il diametro dei cerchi più piccoli dell’intarsio. E allora sarà evidente che i cerchi i più grandi hanno diametro doppio, i successivi triplo, e così via. Mentre quelli di diametro 5 sono divisi in spicchi nei quadratini ai vertici del quadrato in cui è inscritto il cerchio principale. Quello centrale ha come diametro 13, il cerchio che circoscrive i quadratini ha, invece, diametro 8. Gli altri elementi disposti in cerchio individuano circonferenze di raggio 21 e 34. E per finire il cerchio che circoscrive l’intarsio ha diametro 55 volte più grande del circolo minore. 1,2,3,5,8,13,21,34,55. Eccoli. Sono i primi nove elementi della Serie di Fibonacci”.
Si tratta di una scoperta importantissima. Quella chiesa era stata costruita anche per l’educazione delle élites, proprio secondo il programma della filosofia scolastica. Oggi è un dono preziosissimo della sapienza degli antichi che arriva a noi dopo 800 anni di oblio.
Leonardo Pisano Fibonacci (Pisa 1175 circa – 1235 circa) è stato il primo grande matematico dell’Occidente cristiano. Ma è stato anche un famoso occultista.
La sua sequenza è composta da numeri interi dei quali ognuno (dopo il secondo) è la somma dei due numeri che lo precedono ( 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55 eccetera).
La sequenza è presente a Castel del Monte e in tutte le cattedrali ammantate di mistero nel mondo.
Alcuni anni fa, Vincenzo Savatteri, un criminologo che tentava di risolvere il mistero della scomparsa di Ettore Majorana, si convinse che il barbone che a Mazara del Vallo veniva chiamato ‘l’uomo cane’ potesse essere il fisico siciliano, perché su un bastone che portava sempre con sé per aiutarsi a camminare, era intagliata, con una precisione stupefacente, proprio la Serie di Fibonacci.
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Emily Blunt sarà Mary Poppins
E alla fine il remake di Mary Poppins si tinge di giallo. Al centro del ‘caso dell’anno’ il nome della protagonista. Chi vestirà i panni della tata più famosa e amata di tutti i tempi? Julia Andrews si è chiusa nel silenzio e non rilascia dichiarazioni. I bookmakers inglesi e americani danno per scontata la scelta di Anne Hathaway, il sito Den of Geek che sembra avere, tra le sue fonti, una gola profonda alle Disney, giura: la nuova Mary Poppins sarà Emily Blunt.
Era inevitabile. Questo lo sapevano tutti. Toccare un mostro sacro come Mary Poppins avrebbe scatenato polemiche e discussioni senza fine. Ed è andata esattamente così. Con l’hashtag di Twitter #MaryPoppins che esplode di commenti indignati e incredulità e Social e media che fanno a gara per capire chi potrà sostituire l’ormai quasi ottantenne Julia Andrews in uno dei ruoli più iconici della storia del cinema.
Ma ora il ‘caso Poppins’ si tinge di giallo. Già. Perché mentre i bookmakers di mezzo mondo danno per scontato il nome Anne Hathaway che ai suoi esordi ha lavorato al fianco della Andrews in Pretty Princess ed ha anche già interpretato la Tata con l’Ombrello in uno sketch di Snl insieme a Bill Hader (Bert), Bobby Moynihan (Michael) e Casey Wilson (Jane), il sito specializzato in scoop nel mondo del cinema, Den of Geek, annuncia una clamorosa esclusiva.
Emily Blunt avrebbe già in tasca il contratto con la Disney per lo storico remake.
L’attrice britannica (che ironia della sorte era stata la rivale della Hathaway ne Il Diavolo veste Prada) sarebbe stata scelta dalla Disney per due motivi. La sua voce (che ha lasciato il segno nel musical Into the Woods) e la sua collaborazione vincente col regista Rob Marshall (sempre in Into the Woods), al quale è già stata affidata la direzione del sequel di Mary Poppins (era una bufala la voce di Tim Burton nuova regista del sequel).
Sarebbe proprio quest’ultimo, che si è guadagnato il suo contratto a nove zeri grazie alle meravigliosa regia di Chicago (per la quale ottenne anche la candidatura all’Oscar), ad aver sponsorizzato la Blunt. E ad aver convinto gli eredi di Lyndon Travers a liberare i diritti sul sequel.
Quindi tutto deciso, ormai? Impossibile a dirsi. Anche perché quello che pesa di più in questo momento è il silenzio di Julia Andrews (che con la Tata dei Banks si guadagnò il premio Oscar) che non ha voluto rilasciare nessuna dichiarazione sulla vicenda, lasciando i fans nello sconcerto più totale.
Intanto fioccano le scommesse. Scendono le quotazioni di Amy Adams, di Kristen Bell e anche di due ‘giganti’ di Hollywood come Maryl Streep e Catherine Zeta-Jones. Mentre si registra una interessante ascesa di Cate Blanchet e di Scarlett Johansson.
Confermata invece la sceneggiatura a David Magee, mentre la coppia composta da Marc Shaiman e Scott Wittman avrà il compito di comporre le musiche.
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Il Miracolo di San Gennaro
Napoli domani fa festa per il suo Santo Patrono. Ma già da stanotte comincia la grande attesa per il miracolo di San Gennaro. Un fenomeno mai riconosciuto ufficialmente dal Vaticano ma che si ripete per ben tre volte all’anno. Il sabato precedente la prima domenica di maggio, il 16 dicembre e il 19 settembre. Domani, appunto.
Ecco gli aspetti più curiosi legati alla liquefazione del sangue più famosa del mondo.
Di storie sul miracolo di San Gennaro ce ne sono veramente tante. Il fenomeno si ripete dalla notte dei tempi, ma lascia sempre una scia di stupore e perplessità che forse è la sua vera grande forza.
Una città intera aspetta ‘il miracolo’, un numero spropositato di detrattori, il giorno dopo, tenta di spiegare che è ‘solo credenza popolare’, e forse, sotto sotto, c’è il trucco.
Ma tant’è. Il Miracolo è ormai un appuntamento fisso di cui non possiamo non parlare.
La primo notizia documentata sull’ampolla contenente la reliquia è datata 1389. Da allora, tranne che in alcuni, rarissimi casi, San Gennaro non s’è fermato più. Una liquefazione tre volte all’anno, e tutta la città si sente più tranquilla. Ma non molti sanno che:
Urbs Sanguinum
Era talmente elevato il numero di ampolle miracolose conservate nelle chiese e nelle case private di Napoli che Jean Jacques Bouchard, nel 1632, definì il capoluogo campano ‘Urbs Sanguinum”. La città dei sangui.
San Gennaro compie il miracolo ben tre volte all’anno, ma all’interno della chiesa di san Gregorio Armeno altri tre fenomeni ricordano quello del santo patrono. Il 25 agosto, nella quinta cappella a destra della navata principale, si liquefa il sangue di Santa Patrizia. Poco lontano, il 29 agosto e a volte anche il 24 giugno, ‘spumeggia’ quello di San Giovanni, e fino a qualche anno fa, nella stessa chiesa, si scioglieva anche il sangue di San Pantaleone.
A pochi passi da san Gregorio Armeno, nella chiesa di San Lorenzo stesso fenomeno per il santo di casa. Il prodigio avviene il 10 agosto, dal 1600. Dicono.
Le chiavi misteriose
Sempre in relazione alle perplessità sul miracolo di san Gennaro, molti si chiedono dove vengano conservate, durante l’anno, le ampolle col sangue di san Gennaro. La risposta è semplice. Nella cassaforte dietro l’altare della Cappella del Tesoro di San Gennaro. Ma non sono in molti a sapere che le reliquie sono finite lì per colpa di un cardinale. Il Cardinale Filomarino. Che, nel 1647 utilizzava le ampolle anche per ‘miracoli privati’. Insomma se una famiglia potente aveva un malato in casa Filomarino permetteva che le reliquie potessero essere portate per qualche giorno nella residenza dei ‘bisognosi’ per accelerare la guarigione. Il popolo non ne poté più di questo via vai e il Papa Innocenzo X fu costretto ad ordinare che le ampolle dovessero essere ermeticamente chiuse e custodite in una nicchia proprio dietro l’altare maggiore della Cappella del Tesoro, nel Duomo. Fu poi papa Innocenzo X che stabilì che quella nicchia si sarebbe aperta con una chiave della quale sarebbero esistite solo due copie al mondo. Una consegnata nelle mani dell’Arcivescovo di Napoli, una nelle preziose e nobili mani del Presidente della Deputazione del Tesoro.
Gli anni infausti
Le uniche due date ‘ufficiali’ durante le quali il sangue di san Gennaro non si è sciolto sono maggio e settembre del 1527, e maggio del 1835. Poi il santo patrono ha sempre fatto il suo dovere. Ma c’è una cosa che non va sottovalutata. Non sempre il miracolo viene considerato favorevole e tranquillizzante.
Ad esempio: il miracolo è considerato ottimo quando il sangue assume una colorazione d’un rosso vivace, e quando si scioglie subito. Il miracolo è invece considerato mediocre se il sangue è già sciolto appena la reliquia viene tirata fuori dal vano cassaforte. Mentre è addirittura infausto se dalla cassaforte il sangue esce già liquido il 19 settembre, e se si scioglie prima della processione.
Insomma. Occhio alla qualità del miracolo perché i napoletani sono pignoli.