Fotografato Ufo in Islanda

Un paesaggio suggestivo, l’aurora boreale, uno scatto, la fotografia e….anche l’autunno 2012 ha il suo UFO.
Accade nella penisola di Reykjanes in Islanda nel corso di una delle aurore boreali che caratterizzano quei paesaggi mozzafiato. Impossibile non immortalarli. Ed e’ quello che ha fatto un fotografo nei giorni scorsi ma il risultato di quegli scatti sta facendo il giro del web e tutti gridano all’ennesimo mistero.
Dopo aver scaricato le immagini sul suo computer, il fotografo si e’ accorto che l’aurora boreale aveva assunto una strana conformazione che ricordava neanche troppo lontanamente quella del volto di un alieno ma mica uno qualunque, proprio quello dei fumetti, quello tipico dell’immaginario collettivo. L’ennesimo fake? Uno strano scherzo della macchina fotografica? Un effetto ottico? Potremmo discutere per ore ma il popolo degli appassionati non poteva farsi sfuggire la notizia e se l’obiettivo, non quello della macchina fotografica, era di farne parlare, e’ stato raggiunto in pieno.

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Importava Dinosauri. Arrestato!

Importava dinosauri. Mica droga, quadri rubati, gioielli. No. Lui il suo business se lo era costruito con i rettiloni di 160 milioni di anni fa. E se uno aveva bisogno di mettersi in casa un Tirannosauro Rex, o se proprio non poteva fare a meno di un uovone di Pteroddatilo, bastava mandargli una mail, e ogni desiderio veniva esaudito.
Lo hanno arrestato qualche giorno fa. Il buon Eric Prokopi. Che sul biglietto da visita teneva scritto: ”un paleontologo commerciale”. L’accusa è: ‘importazione illegale di dinosauri’. Lo hanno beccato mentre tentava di vendere un tirannosauro mongolo vissuto 70 milioni di anni fa e, a quanto pare, molto ambito.
Dove trovava la merce? Facile. Nel deserto del Gobi. In mongolia. Ma qualche volta anche in Cina. Quando lo hanno fermato aveva nel camion 200 chili di fossili e reperti.
Manette ai polsi, e ciao ciao Jurassik Park.

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Il mistero di Sandy Island

Un’isola sparita nel nulla. Ecco l’ultimo mistero dell’Oceano Pacifico. Si chiama Sandy Island. La trovate tranquillamente su Google Earth, eppure…
di Ciro Sabatino
Roba da Lost. Roba da science fiction. Tanto per intenderci. Un’isola segnata sulle mappe, segnalata da Google Earth, che però non esiste. Nel senso che quando qualcuno ha tentato di arrivarci, con le coordinate giuste, quelle di sempre, poi, alla fine, non l’ha trovata. Sparita nel nulla. Puff.
Accade anche questo alle porte di questo strano inverno 2012. Scienziati, studiosi che rimangono a bocca aperta di fronte ad un fenomeno apparentemente inspiegabile. A meno che…
Ma proviamo a capirci qualcosa.
La nostra storia comincia qualche mese fa. In estate. Quando un team di studiosi della University di Sidney assume l’incarico di rilevare l’area in prossimità della Nuova Caledonia. Si tratta di fare una sorta di monitoraggio delle isole e delle profondità abissali. Per stabilire il livello di terre emerseche si sono staccate dall’Australia nel suo movimento verso nord-est degli ultimi 100 milioni di anni.
Durante una prima valutazione dello specchio d’acqua a largo della Nuova Caledonia si imbattono in un’isola con una caratteristica anomala. Il mare che la bagna, tutto intorno, è profondo oltre 1500 metri. E come se uno dalla spiaggia mettesse un piede in acqua e si ritrovasse in mezzo all’Oceano Pacifico. Non è esattamente una cosa normale.
Ok. C’è da andare a controllare di persona. Devono essersi detti questo i nostri prodi ricercatori. Fatto sta che in meno di una settimana il team è tutto sulla Southern Surveyor. Una nave laboratorio che li porterà dentro il mistero.
Il viaggio dura qualche giorno. E la sorpresa arriva inesorabile. Nel punto esatto segnato dalle coordinate 19°13’28” S e 159°56’190”ci dovrebbe essere Sandy Island. E invece c’è solo l’orizzonte e qualche pesce strampalato che saltella a pelo d’acqua.
Detta così non rende. Perché dovreste immaginarvela la faccia di sei scienziati che guardano su Google Earth un’isola che dovrebbero avere di fronte, e che invece non c’è. Neanche un po’.
Inutile dire che il pensiero va a Lost, e all’Isola che si spostava nel tempo. Ma qui siamo di fronte ad un fatto concreto, e quella stramaledetta isola ci dovrebbe stare per forza, in quel punto.
Alla fine i nostri se ne sono ritornati alla base senza tanta voglia di scherzare. L’isola non è neanche sotto il livello dell’acqua. Insomma non si è inabissata. Non c’è e basta. Un mistero. Non c’è che dire.
Alla fine, a quei pochi giornalisti che insistevano con le domande del cavolo, i nostri hanno ri8tirato fuori una spiegazione del cavolo. “Un errore. Sandy Island è un errore di qualche marinaio che ha alzato il gomito. E si è convinto che in quel punto c’è un’isola. E ha anche segnato le coordinate e tutto il resto”.
Il seguito della storia, secondo quelli della University di Sidney, è un classico di Internet. Tu scrivi una cosa e quella cosa viene ripresa e ripetuta all’infinito. In un circolo inarrestabile. Come deve essere capitato per le coordinate segnate dal nostro marinaio etilico. Quella segnalezione sarebbe stata ripresa da tutti. Anche da Google Earth. Ed è nata l’isola che non c’è.
Regge, secondo voi? Bah…

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Hacker, attacco alla Francia

E alla fine è stata come una piccola guerra. Senza sangue e morti ammazzati. Ma con il rischio di strascichi e conseguenze assoltamente imprevedibile. Almeno per ora.
Gli Usa hanno invaso la Francia. Ma non sono state varcate frontiere. Sono penetrati nel cuore dell’Eliseo attraverso Internet. In uno dei cyber-attacchi più inquietanti di questi ultimi anni.
La notizia la riportano diversi giornali francesi. Dal Telegramme, al settimanale L’Express. L’attacco si sarebbe consumato nel maggio scorso esattamente nel periodo di intervallo fra i due turni elettorali delle presidenziali, quando all’Eliseo gironzolavano ancora Nicolas Sarkozy e la sua bella Carlà.
Obiettivo: spiare progetti, note riservate, appunti top secret del capo dello Stato. I pirati – dice il settimanale L’Express – si sono introdotti nel sistema invitando su Facebook persone che lavoravano all’Eliseo. Grazie a un virus sofisticato simile a Flame, si sono poi impadroniti delle password e sono entrati in Elysee.fr.
Tra i destinatari di questo particolare attacco ci sarebbe anchel’allora segretario generale di Sarkozy, Xavier Musca, il cui computer risulta tra quelli violati.
Una volta che le autorità francesi si sono rese conto dell’intrusione, ci sono voluti diversi giorni per ripristinare la rete. Il monitoraggio del malware non ha però portato a grandi risultati, visto che gli hacker avrebbero utilizzato server dislocati in diverse parti del pianeta. Secondo gli esperti il malware utilizzato presenta molte delle caratteristiche già analizzate in Flame, il famoso malware sfruttato da Stati Uniti e Israele per sabotare diversi sistemi informatici iraniani.
Se le accusse si rivelassero vere, saremmo davanti al primo attacco informatico di un governo occidentale contro un governo ‘amico’. Fino ad oggi, infatti, la cyber-guerra Usa puntava solo contro governi Medio Orientali. Il motivo dell’attacco, secondo L’Expansion, sarebbe da ricercare negli accordi del governo Sarkozy con i paesi del Medio Oriente.

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Il furgone bianco che rapisce i bambini

Ritorna la leggenda metropolitana del “furgone bianco che rapisce i bambini”. Dalla Campania al Salento ora la storiellina è rimbalzata in Sardegna, allertando genitori e Forze dell’Ordine.
La storia è sempre la stessa: un furgoncino bianco si apposterebbe davanti alle scuole elementari per rapire bambini. “Qualche settimana fa – scrive il Gionale di Olbia – è partita una segnalazione da Bosa, in provincia di Oristano, due gli uomini all’interno del veicolo, uno dei due, alto, magro, con i capelli bianchi e una collana d’oro al collo, scende dal furgoncino bianco e con la scusa di fare una foto cercherebbe di portare via il bambino di turno. Dopo si sono aggiunti altri episodi simili a Flussio, sempre in provincia di Oristano, e a Olbia, in prossimità delle scuole elementari, e sono state avvertite le autorità competenti. Secondo la testimonianza di un’insegnante, due uomini, all’interno di un  furgone bianco, fotografavano i bambini”.
La psicosi collettiva ha contagiato Facebook dove si sono moltiplicate le segnalazioni. Le forze dell’ordine sono al lavoro più che altro per tranquillizzare le famiglie visto che grazie al cielo i rapimenti anche in Sardegna sono solo un triste e lontano ricordo. Visti anche i tempi che corrono, la prudenza non è mai troppa e stare in guardia è giusto, ma attenti a  non esagerare  creando falsi allarmismi (come invece sta accadendo sualcuni social network)e una vera psicosi.

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Big Foot: una taglia da otto milioni

Otto milioni di euro per una prova seria, concreta, indiscutibile dell’esistenza di Big Foot. E’ questa l’ultima sfida lanciata da Spike Tv, il network americano che si occupa di sport e avventura ed è seguito da milioni di spettatori.
L’idea è stata presentata qualche settimana fa. E non è neanche un semplice concorso. Per dare corpo a una delle leggende più amate dagli americani e legata alla mitica creatura sccimmiesca che si aggirerebbe nelle forte dell’America Settentrionale, il noto canale televisivo starebbe organizzando un vero e proprio reality-game. Dieci puntate, nelle quali i ricercatori in gara dovranno fare del loro meglio per dimostrare ciò che finora nessuno ha saputo fare. In palio, il premio più alto mai offerto da una trasmissione televisiva: 10 milioni di dollari.
Il cast è ancora in via di definizione, ma alla selezione starebbero partecipando non solo appassionati di misteri, ma anche zoologi e scienziati attirati dall’ingente somma di denaro. I vari team, in ogni puntata, dovranno presentare i risultati delle loro ricerche ottenuti con i metodi più diversi.
Big Foot, detto anche Sasquatch, Momo o Piedone, è una leggendaria creatura della cui esistenza si favoleggia dagli inizi dell’Ottocento.
Segnalazioni della sua presenza sono arrivate da diverse parti del continente, ma sembra che l’Uomo Scimmia frequenti  soprattutto i due stati americani di Washington e Oregon.
Sul vecchio caro Wiki si legge: “Il Bigfoot dovrebbe essere alto dai 2 ai 2,70 metri (dai 7 ai 9 piedi), con folta peluria scura che varia dal rosso scuro al nero e grandi piedi (da cui il nome) che lascerebbero tracce di 40-46 cm sul terreno. Il Bigfoot è descritto come un grande ominide o primate bipede; il volto è relativamente simile a quello di un uomo. I testimoni dicono che ha dei grandi occhi e una cresta abbassata sulla testa, mentre non si nota traccia di collo: la testa sembra poggiare direttamente sulle spalle. Manca inoltre il muscolo del polpaccio. In base alle descrizioni peserebbe intorno ai duecento chilogrammi”.
Con la ‘molla’ dei dieci milioni di dollari lo troveranno, finalmente? Staremo a vedere. In fondo non è la prima volta che qualcuno offre denaro in cambio di una prova impossibile. Un po’ di anni fa James Randi, arcifamoso illusionista e prestigiatore canadese,  mise in palio un milione di dollari da consegnare cash e senza fattura a chiunque fosse stato capace di mostrare, in condizioni scientificamente controllate e preventivamente concordate fra le parti, un qualsiasi fenomeno paranormale di qualunque tipo, o legato all’occultismo, o alla sfera dei miracoli. Nessuno ha ancora ritirato la posta. C’è stata anche una taglia sul mostro di Lochness, ma come sappiamo bene di Nessie nessuna traccia.

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Formigoni: ho visto un Ufo a Parigi

Roberto Formigoni avvistatore di ufo a Parigi. Il governatore della Lombardia si conferma un affezionatissimo utente di Twitter e dalla capitale francese pubblica una foto sul suo profilo che ritrae un palazzo avvolto nell’oscurità e, nel cielo, un bagliore.«Un ufo a Parigi?», scrive Formigoni che poi spiega: «Ho visto questa cosa nel cielo. Si muoveva. L’ho fotografata, poi è scomparsa». Si attendono le reazioni del popolo della rete.

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Londra: il mistero del piccione viaggiatore In un crittogramma un segreto lungo 70 anni

Un piccione viaggiatore con un messaggio di 70 anni fa. Un segreto e un mistero della seconda Guerra Mondiale. Che ora sta facendo il giro del mondo.  Cosa cela il crittogramma trovato legato ad una zampina di un piccione in una villetta del Surrey? Per scoprirlo i maggiori esperti di crittogrammi inglese si sono rivolti alla Bbc: “Chiunque riconosca questo codice si faccia vivo e ci aiuti. Potremmo scrivere una nuova pagina di Storia”. Vediamo cosa è accaduto in Inghilterra nei giorni scorsi. di Ciro Sabatino E’ partito alle 16,45 in punto. Un martedì. E non un martedì qualsiasi. Martedì 6 giugno 1944. Il giorno dello sbarco in Normandia. Ha volato per ore, per giorni. Ha attraversato la manica, 230 chilometri circa. Da una spiaggia della Caen a un piccolo villaggio nel Surrey. Bletchingley, tremila abitanti circa, e un po’ di castelli medievali sparsi qua e là. Alla fine si deve essere perso. Una tempesta forse. Fatto sta che il suo viaggio l’ha terminato in uno stramaledetto comignolo. E ci è rimasto arrostito. Mr. David Martin lo ha ritrovato 68 anni dopo. In una soffitta della sua bella villetta. Che ormai era un mucchietto di ossa. Però, però, ad un zampina aveva legata una specie di cartuccia. Rossa. Mr. David Martin ha preso delicatamente la cartuccia, l’ha aperta e… sorpresa! Dentro c’era un messaggio cifrato. Che ora sta facendo impazzire mezzo mondo. E’ tutta qui, la storia più incredibile, misteriosa e affascinante di queste ore. A pochi passi da Londra è stato ritrovato lo scheletro di un piccione viaggiatore che forse portava con sé un segreto che potrebbe raccontare un altro capitolo della seconda guerra mondiale. Non l’avrebbe saputo nessuno, se non fosse che su questa incredibile e romantica storiellina, è piombato nientemeno che il Gchq, l’attuale servizio di controspionaggio inglese. Crittografi esperti che con il pezzo di carta miracolosamente intatto hano rimesso su tutto il team di Bletchley Park, il centro di intelligence che durante la seconda guerra mondiale era riuscito a svelare qualsiasi codice dei tedeschi accorciando la guerra e salvando migliaia di vita. Finita qui? No. Per un motivo banale. Neanche i magbgiori esperti di crittogrammi del Regno Unito sono riusciti a capirci qualcosa. E allora il messaggio è finito sulla Bbc e anche l’arcinoto Grch ha chiesto aiuto al mondo. Chiunque riuscisse a capirci qualcosa di questa sequenza di lettere e numeri è pregato di farsi vivo. Il messaggio (che vedete nella foto) è formato da 27 gruppi di lettere e numeri disposti su sei righe. Ad ogni riga quattro gruppi di quattro lettere. Solo sull’ultima riga appare una sequenza numerica. Più in basso due annotazioni. E anche in questo caso si tratta di lettere e numeri che rimandano ad un misterioso codice. Secondo gli esperti della Royal Pigeon Racing Association, la struttura del governo inglese che studia e protegge i piccioni viaggiatori e che ha come presidente la Regina Elisabetta II, amante dei piccioni viaggiatori, non ci sono dubbi: la capsula rossa legata alla zampina del piccione risale al periodo della Seconda guerra mondiale Quelli della Royal Pigeon Racing Association ritengono che l’uccello si sia perso, disorientato a causa del maltempo, o perché semplicemente esausto dopo il suo viaggio attraverso la Manica. Il colore rosso della capsula è quello che usavano gli Alleati. Il messaggio è così segreto che il codice è indecifrabile per gli stessi servizi segreti britannici, il MI6. Gli storici ritengono che il piccione è stato spedito con ogni probabilità dalla Francia occupata dai nazisti nei giorni intorno al 6 giugno 1944, il D-Day, lo sbarco in Normandia delle Forze Alleate. Il blackout impediva le trasmissioni radio e i piccioni viaggiatori venivano massicciamente usati per informare lo Stato maggiore britannico dell’esito delle operazioni in corso nel nord della Francia. Si pensa che il volatile trovato nel camino del signor Martin fosse diretto a Bletchley Park, centro cruciale dell’intelligence di Winston Churchill, dove venivano decrittati migliaia di messaggi cifrati spediti dai paesi dell’Asse. Blechley Park è a soli 80 km dal camino del signor Martin. Qualunque notizia portasse una sola cosa è certa: il messaggio doveva essere molto importante: «Di solito ai nostri piccioni venivano affidati messaggi scritti a mano e non cifrati. Se qui è stato usato il codice significa che era davvero una comunicazione top secret», ha spiegato al Daily Mail Colin Hill, curatore della mostra permanente sui piccioni in guerra a Bletchley Park. Per ora si solo che il messaggio è stato scritto dal sergente W Stott della Raf, l’aviazione inglese. Il destinatario era XO2, probabilmente il comando bombardieri, che coordinava i bombardamenti sui tedeschi. Forse la nota richiedeva l’intervento di rinforzi. Forse, se fosse arrivata a destinazione, avrebbe cambiato il destino di migliaia di soldati. Per ora le certezze sono poche. «Non c’è dubbio che si tratti di un piccione alleato per via della capsula rossa – ha proseguito Hill – Era il tipo usato dallo Special Operation Executive. I loro agenti erano impegnati in sabotaggi e distruzioni di ferrovie, ponti e fabbriche dei territori occupati dai nazisti. Dall’anello di alluminio che aveva intorno a una zampa si capisce che l’uccello è nato nel 1940». Durante la seconda guerra mondiale è stato impiegato un esercito di 250.000 volatili per comunicare senza essere intercettati. I piccioni possono raggiungere i 130 chilometri orari e coprire distanze di oltre 1.600 chilometri orientandosi con i campi magnetici terrestri. Adesso gli animalisti e gli entusiasti di questi pennuti lanciano un appello perché il povero piccione, caduto al servizio degli alleati, venga decorato con la Dickin medal, la massima onorificenza al valor militare conferita in Gran Bretagna agli animali. Intanto però bisognerà scoprire cosa c’è scritto in quel messaggio. Ma ci sarà qualcuno capace di decrittarlo? Le scommesse sono aperte.

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Nord Italia, l'ultima moda è bere sangue umano

Da Venezia a Milano. Ma anche in Emilia, o a Torino e Genova. Va di moda il sangue. Ma si badi bene. Non stiamo parlando di film, fotografie, mostre o giochi di ruolo. No. Proprio no. Da un po’ di tempo, e soprattutto in questo noioso inverno del 2012, senza un euro, senza lavoro ecc. ecc. qualcuno ha pensato bene che la ‘botta di vita’ non può che passare per un bel bicchiere di sangue umano. Alla maniera del buon conte Vlad III. Alla maniera di Dracula, per intenderci.
Sembra una pigra curiosità da giornali che non hanno molte notizie. E invece, questa storia del sangue, del vampirismo fai da te, è un fenomeno che comincia a preoccupare.
A parlarne, per la prima volta, è Giuseppe Bisetto, uno dei responsabili del Gris, il gruppo di ricerca sulle sette. Una persona seria, insomma. Lui questa storia l’ha sentita più volte, e non si è fatto una risata. Anzi.
In mezza Italia, soprattutto al nord, ci sarebbero locali notturni che dopo una certa ora farebbero circolare l’elisir di lunga vita, come un po’ di tempo fa girava l’assenzio. Calici di sangue, quasi sicuramente umano, reperito chissà dove, verrebbe offerto ai ragazzi come un una sorta rito propiziatorio per ottenere, forza, vigore, successo e soldi. Una vera e propria iniziazione, a quanto pare, che sta assumendo le dimensioni di un fenomeno preoccupante che va verso le logiche e le dinamiche delle sette sataniche.
Solo qualche giorno fa “quattro ragazzi trevigianidai 17 ai 18 anni – racconta Bisetto – hanno confessato di aver partecipato a un rito del genere in unlocale notturno del veneziano. Noi abbiamo segnalato ogni cosa alle autorità e adesso quel locale è chiuso da tempo. Il titolare, noto per essere un tipo stravagante, avvicinava i giovani clienti che riteneva più malleabili e li inoltrava al vampirismo. La prova cruciale era bere, dai dei comuni bicchierini di caffè, il suo sangue. In questo modo legava i suoi adepti, convinti di aver assimilato ogni suo potere, di riuscire così a ottenere i suoi soldi e il suo successo solo bevendo quel sangue. Di fronte a casi come questo è inutile parlare dei pericoli che si corrono a venire a contatto con il sangue altrui, delle malattie che si possono prendere dell’Aids. Purtroppo questo è un fenomeno in ascesa”.
Ora, dopo la denuncia di Bisetto altri casi simili sono stati segnalati in varie parti d’Italia. Difficle tracciare l’identikit del nuovo vampiro. Si tratta di ragazzi a caccia di emozioni facili facili, naturalmente. Non varrebe neanche la pena parlarne più di tanto. Ma forse una cosa bisognerebbe ricordarla. Bere sangue umano è rischioso. Molto rischioso.
Occhio, piccoli Vlad!

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Il Mistero del Lago di Scanno verso la soluzione

E’ terminato ieri, giovedì 22 novembre, il monitoraggio geofisico del lago di Scanno (AQ). Ora bisognerà aspettare il risultato delle indagini. Un po’ come per la storia del Rover Curiosity su Marte, nessuno parla. Quello che è accaduto e che sta accadendo sul piccolo specchio d’acqua in Abruzzo è un mistero fitto che spaventa e fa riflettere.
Le bussole dei subacquei impazzite, il livello dell’acqua che si abbassa di 4 metri. Insomma qualcosa di veramente si deve essere consumato da quelle parti e la gente ha cominciato a d avere paura.
Gli episodi curiosi ormai si ripetono da mesi, tanto che le autorità locali hanno chiesto l’intervento dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) di Roma.
Circolano le voci più fantasiose e c’è addirittura chi giura di aver visto un meteorite precipitare nello specchio d’acqua. E che invece parla di un oggetto non identificato nascosto in profondità, o di armi belliche che riemergono dopo 70 anni e di pesci che muoiono all’improvviso. Si tratta di voci, è chiaro. Ma la verità potrà arrivare solo tra qualche settimana.
L’enorme mole di dati raccolti durante il monitoraggio del lago, infatti, sarà oggetto di una fase di elaborazione che richiederà diversi giorni e il rapporto finale sarà consegnato alle autorità locali per contribuire allo studio dei fenomeni osservati nei mesi scorsi.
Il team dell’INGV ha utilizzato le tecnologie più avanzate, con l’ausilio di una imbarcazione chiamata Big One, e predisposta per indagini geofisiche in aree marine costiere. A seguito di indagini preliminari effettuate con l’ausilio di magnetometri, l’INGV, con il supporto logistico dei Vigili del Fuoco e dei Carabinieri del luogo, ha valutato che il lago, insignito della Bandiera Blu, costituisce un sito test per l’applicazione di tecniche geofisiche, normalmente utilizzate in aree marine.  Infatti, ai rilievi magnetici, sono state affiancate tecniche di side scan sonar e multibeam.
Il side scan sonar è il sistema acustico impiegato per ottenere un’immagine che restituisce la fotografia del fondale, individuando l’eventuale presenza di anomalie sulla superficie del fondo mentre il multibeam è il sensore acustico posto sotto la chiglia dell’imbarcazione che restituisce la batimetria del fondale.

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