Qualcuno avrà mai dato del porco a George Clooney?
E questo qualcuno avrà mai immaginato che il noto attore avrebbe accolto l’insulto come un complimento?
Perchè George Clooney ha sempre avuto una particolare passione per i maiali, tanto da legarsi a doppio nodo a Max, il suo fido suino da passeggio, morto dopo 18 anni di convivenza.
Sono ormai passati 3 anni dall’addio e l’assenza dell’amico a quattro zampe sta distruggendo l’anima dell’attore, tanto da indurlo ad disperato tentativo: la comunicazione spirituale.
Il premio oscar si è rivolto così ad una medium che è riuscita a entrare in comunione con l’anima del povero estinto.
Sarà che nell’aldilà le forme di linguaggio sono uniche e superiori o magari la donna aveva seguito corsi serali di grugnito, sta di fatto che la maga ha potuto rincuorare il bello di Hollywood: “Mi ha detto che Max ha avuto una bellissima vita con me. Mi ha detto che è molto felice anche come spirito e che qualche volta ancora si stende vicino a me” ha dichiarato il fascinoso George
Nonostante lo scetticismo mostrato da quelli che gli sono più vicini, Clooney ha dichiarato di voler credere alle parole della sensitiva che forse lo potranno aiutare a perdonare se stesso: il giorno della morte di Max la star non era al suo capezzale, perchè impegnato sul set del suo nuovo film “Intrigo a Berlino”, diretto da Steven Soderberg.
L’attore scherzava spesso sul rapporto tra lui ed il suo maialino di 150 chilogrammi, definendola la storia sentimentale più lunga della sua vita.
Dopo la sua morte, Clooney si dichiarò “stupito di come un animale possa diventare una parte importante della tua famiglia” e giurò che mai nessun altro maiale avrebbe potuto colmare il vuoto lasciato dal suo Max.
Si conferma la regola che sono le “porcate” sentimentali quelle che lasciano cicatrici indelebili (DP)
Archivio mensile:Luglio 2009
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'O Topo se tène 'o Turco
“O topo se tène ‘o turco”: sembra uno di quei tormentoni derisori che hanno avvelenato l’infanzia di molti. A immaginare di ascoltarlo con l’accento cantilenante e l’intonazione petulante dei verdi anni, si materializza davanti agli occhi la scena: vittima al centro e intorno, magari in cerchio, il branco. Facce ottuse e compiaciute a devastare un ego malfermo! “O topo se tène ‘o turco”: potrebbe essere il titolo di una versione in vernacolo di un racconto del libro Cuore. Potrebbe essere l’incipit di un bozzetto dickensiano ambientato nei vicoli della Sanità. Potrebbe essere… ma non è.
di ANNAMARIA RUSSO
La mano che ha vergato questa frase, più o meno una cinquantina d’anni fa, su tre muri di Napoli, verosimilmente non doveva avere eccessiva dimestichezza con i tomi lacrimosi che hanno immalinconito le prime letture di chi scrive. Né probabilmente avere la stessa propensione stucchevole alle divagazioni letterarie.
“O topo se tène ‘o turco”: è uno dei graffiti più famosi e antichi di Napoli. E’ sopravvissuto alle riqualificazioni urbanistiche, agli interventi post terremoto e perfino all’orgia di ritinteggiature sommarie dei mondiali del ’90.
Il decano dei graffiti, per quasi quarant’anni ha resistito ostinato su tre muri della città. Nessuno osava cancellarlo. Perfino gli adolescenti, con rispetto, affidavano a pareti vicine le loro struggenti dichiarazioni d’amore. “O topo se tène ‘o turco”: un mistero irrisolto, spruzzato sui muri di una città. Un messaggio sibillino, più oscuro dei crittogrammi di Poe, che per anni ha appassionato centinaia di persone. “O topo se tène ‘o turco”: un graffito che è diventato leggenda metropolitana. E poi improvvisamente agli inizi degli anni ‘ 90 è sparito.
Il suo esordio sui muri alla metà degli anni cinquanta scatenò subito una ridda di interpretazioni contrastanti. Tutte plausibili, nessuna convincente. Tra ipotesi, illazioni, dichiarazioni, smentite, calunnie, spiegazioni, via via fantasticando è trascorso più di mezzo di secolo.
Qualche decennio fa, un giornale inviò, in trasferta napoletana, un esperto in graffiti, sperando di risolvere l’arcano e sbattere lo scoop in prima pagina. Ma si mormora, che il pover’uomo dopo essersi aggirato per settimane intorno ai muri, mormorando allucinato “Maestro il senso lor m’è duro” abbia partorito un paio di farraginose interpretazioni accolte con educata freddezza dall’editore, e prontamente cestinate dal direttore.
La prima faceva riferimento alla collocazione delle tre scritte. Pare che collegando idealmente i tre punti della città sui quali campeggia la scritta, venisse fuori un triangolo equilatero. All’interno di questa figura geometrica, tradizionalmente collegata al regno dell’esoterico, l’“esperto” avrebbe individuato un’area sulla quale si contendevano forze magnetiche e influssi spirituali, due noti maghi partenopei: ‘o Topo e ‘o Turco.
In questo poligono magico i due stregoni avrebbero ingaggiato una battaglia, stile Mago Merlino contro Maga Magò, a suon di sortilegi e fatture, con copioso spargimento di morti per influssi negativi su entrambi i fronti.
A questa interpretazione va sicuramente riconosciuto il merito di aver toccato il punto più alto della fantasia delirante, quello che si congiunge con l’idiozia.
La seconda interpretazione è una variante progressista della prima, sempre due maghi, ma omosessuali che si contendono il business dei consulti per radio private. Uguale la strategia bellica utilizzata dai due santoni dell’etere.
Con tutto il rispetto per lo stress da convivenza con meridionali che sicuramente deve aver provato non poco le cellule grigie del grafitologo settentrionale, quel che proprio non riusciamo a cogliere è il nesso tra queste due storielle, sulle quali Freud potrebbe scrivere un trattato, e la scritta alla quale da decenni i napoletani non riescono a dare un senso.
Lontani da ogni ambizione ermeneutica, abbiamo provato, con l’ausilio di qualche consulente, (leggi: il pescivendolo della Pignasecca, noto napoletanista esperto in gergo dei quartieri popolari; la signora Maria del Borgo Sant ‘Antonio, fine conoscitrice dei costumi locali e Antonio, portiere di notte di un noto albergo ad ore nella zona della Ferrovia, nonché autorevole memoria storica del quartiere) ad esaminare la frase sibillina.
Innanzitutto l’analisi linguistica rivela immediatamente un richiamo ad una relazione fra il soggetto ‘o topo e l’oggetto ‘o turco, di matrice sessuale.
La voce verbale “ se tène” viene utilizzata nella lingua napoletana per indicare relazioni clandestine e lontane dalla morigerata etica cristiana. La declinazione maschile dei due termini della relazione accrediterebbe la natura omosessuale della relazione. L’intento della scritta, considerato il tono lapidario e la scelta della voce verbale è chiaramente diffamatorio.
Da who’s and who dell’epoca scopriamo che la zona delimitata dalle scritte era controllata da un boss temutissimo, protetto da due guardaspalle feroci. Uno dei due aveva dei baffetti sottili e la faccia triangolare, e era soprannominato ‘o Topo. Ovviamente nessuno lo chiamava apertamente così. Gli si rivolgevano tutti con tono deferente. Anteponendo al suo nome un rispettoso don. Ma nei vicoli,nei bar, durante le partite a tresette, tra amici insomma, se si parlava di lui ,si diceva ‘o Topo.
L’altro era un gran bel tipo. Alto, bruno, capelli ricci, pelle scura e occhi di brace. Sua madre era vedova. Vedova da troppo tempo quando era nato lui. Sarà pure stato il dolore della perdita, sarà pure stata una grazia della Madonna, ma quel figlio nato 13 mesi dopo la morte del padre e tre mesi prima della partenza di quel bel giovane che era emigrato dalla Turchia, aveva fatto mormorare. Quand’era ragazzino nessuno si faceva specie di chiamarlo ‘o Turco. Da quando, però, il figlio aveva cominciato a frequentare certi ambienti, la mamma del Turco era ritornata ad essere per tutti: “una santa donna”. E quel soprannome che poteva alludere ad un errore di gioventù era stato cancellato dalla bocca di tutti. Anche lui era diventato don , figlio unico di madre vedova e inconsolabile. Ma nei vicoli, nei bar, durante le partite a tresette, tra amici insomma, se si parlava di lui si diceva ‘o Turco.
Due uomini d’onore ‘o Topo e ‘o Turco. Colleghi leali e amici per la pelle. Amici da sempre. Molto amici. Troppo amici. Certo questo non si diceva apertamente. Ma nei vicoli, nei bar, durante le partite a tresette, tra amici insomma, se si parlava di loro si diceva ‘o Topo e ‘o Turco so’… e seguiva un lieve accarezzamento del padiglione auricolare, tipica espressione della gestualità partenopea che allude volgarmente a inclinazioni omosessuali.
Dunque, ricapitolando: il boss del quartiere ha due guardaspalle, don e don, che nei vicoli, nei bar, durante le partite a tresette, tra amici insomma, venivano chiamati ‘o Topo e ‘o Turco e ai loro soprannomi faceva seguito, spesso, l’accarezzamento del padiglione auricolare.
Il boss, non era un patito delle partite di tressette. Ergo il boss era tagliato fuori da certe illuminanti conversazioni.
Il boss aveva due figlie e dovette sembrargli una buona idea darle in moglie ai suoi più fidati scagnozzi.
Il boss aveva anche un nemico giurato. Uno che controllava il quartiere limitrofo. Nel mondo della mala era considerato una mezza cartuccia. Ma era un asso del tressette. E non era tagliato fuori da alcune illuminanti conversazioni.
E allora? Allora la mezza cartuccia della mala ebbe un’intuizione: per sottrarre il regno al nemico non serviva la nitroglicerina, bastava colpire con una bella bomba di vergogna. Detto fatto, invece dei sicari, nel territorio nemico ci mandò uno di quegli artisti moderni. Quelli che scrivono sopra i muri dei palazzi. Il giovanotto aveva in tasca tre indirizzi e un paio di barattoli di vernice. Un lavoro pulito per una bella manciata di banconote.
Detto fatto. La mattina dopo sul palazzo del boss e su quello dei due scagnozzi campeggia la stessa lapidaria scritta: ‘O topo se tène ‘o turco.
Un colpo da maestri. Il boss per sfuggire all’onta ripara in Sicilia con al seguito le due figlie disonorate e piangenti. ‘O Topo e ‘o Turco scompaiono. Non si è mai saputo se in un pilone di cemento o su un’isola tropicale.
E la mezza cartuccia? Come un generale vittorioso per quarant’anni fa sventolare sui muri del suo quartiere gli stendardi di un trionfo. Una partita impossibile , vinta ad un tavolo di tressete!
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All’interno la storia di ‘O Topo se tène ‘o Turco apre la nuova rubrica sulle Leggende Metropolitane
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E se Caravaggio fosse morto realmente a Porto Ercole?
Chiunque si imbatta nel tentativo di ricostruire le vicende relative agli ultimi giorni di Caravaggio, viene sommerso da una serie di dichiarazioni non confermate, contraddizioni e smentite.
Tutto ciò che riguarda la vita del pittore è avvolto nel mistero e quelle poche certezze biografiche che sono citate nei libri di storia, cadono come castelli di carte.
E’ nato a Caravaggio. Non è vero, è nato a Milano. E’ morto a Porto Ercole, non ci sono prove e conferme. O meglio, un documento che ne attesta la morte nella città dell’Argentario ci sarebbe, ma chi l’ha autenticato? Conferme, smentite, dichiarazioni vaghe. Nel 1956 sempre a Porto Ercole sarebbe stata trovata la tomba del pittore, che sarebbe stata traslata nella chiesa di Sant’Erasmo, un epigrafe tombale lo confermerebbe, peccato che l’epigrafe sia sparita.
E poi, un prete che si trincera nella sua chiesa, quella di Sant’Erasmo e non permette di far visionare il presunto atto di morte. Perché? Caravaggio forse è un personaggio scomodo, troppo eccentrico e scandaloso per essere seppellito in una chiesa di un piccolo centro sulle coste toscane?
I libri di storia dichiarano che Michelangelo Merisi da Caravaggio, il celebre pittore dalla vita violenta e scandalosa, è morto a Porto Ercole il 18 luglio del 1610.
Tale notizia fu diffusa da Gentile Diodato, il nunzio pontificio che scrisse a Scipione Borghese citando questo come il luogo dell’ultimo respiro di colui che è considerato il più grande innovatore della pittura di fine cinquecento.
Il racconto che Gentile fa degli ultimi giorni, è una sequenza alquanto inverosimile di fatti poco chiari: il pittore sarebbe partito da Napoli a bordo di una feluca diretto a Roma, ma a Palo sarebbe stato arrestato e poi sarebbe giunto via terra a Porto Ercole, che è situata ben oltre la capitale. Da qui nasce lo scetticismo degli storici che continuano a cercare notizie plausibili che confermino questa ipotesi.
Ora, però, le notizie sulla presenza e sulla morte di Merisi a Porto Ercole sembrano trovare qualche riscontro interessante. Giovanna Anastasia e Giuseppe La Fauci avrebbero rinvenuto il documento che attesta la morte del pittore nell’ospedale di Santa Maria Ausiliatrice a Porto Ercole. E sono anche convinti che nella chiesa di Sant’Erasmo si nasconderebbe la tomba del pittore maledetto. Gialli.it dedica un’intera pagina al Mistero Caravaggio.
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Curiosare, tentare di capire. Mettere il naso
C’era veramente bisogno di un nuovo webmagazine dedicato al mistero? Forse no. Ma chi se ne frega. E’ un gioco. E a noi piace molto giocare. Poi non è che c’è molta roba in giro. Di siti con le notizie aggiornate e cose varie, intendo. Insomma Gialli.it prova a riempiere un vuoto. Parlare di delitti, di misteri, di storie strane provando anche a “stare sulla notizia”. Niente di eccessivamente serio, per l’amor di dio. Giochini, o poco più. Per stare dietro al fascino di questo genere, per mettere il naso nelle cose che non si capiscono. Gialli. Appunto. Perché la verità è che non se ne può fare a meno. Di curiosare, di tentare di capire. Ottant’anni fa Arnoldo Mondadori intuì in trenta secondi cosa significava “parlare di gialli”. Si inventò una collana. E finì per dare un nome ad un intero genere letterario. La parola “giallo” è oggi la più usata sui giornali italiani. Ci sarà un motivo. Credo.
E allora eccolo qui. Gialli.it. Un po’ di mesi di lavoro, una squadretta di appassionati/sognatori/investigatori, curiosità con la pala e un po’ di notizie niente male. Come quella sulla maledizione della Gaiola. Dopo l’omicidio Ambrosio ne hanno parlato tutti. Noi forse diamo una risposta. Piccola. Ma è un punto di partenza. Come è un inizio anche l’inchiesta su Caravaggio. Sul dove è morto il pittore maledetto si discute da secoli. Noi siamo andati a Porto Ercole. E abbiamo fatto qualche scoperta “curiosa”. Rivelazioni, sorprese. A Napoli ci siamo abituati. Questa è una città capace di tutto. Anche di far sparire i “resti sacri” dei suoi ospiti eccellenti. Quelli che in passato l’avevano amata e scelta come residenza. Non c’è più il corpo di Leopardi. Meno che mai quello del Principe di Sansevero. E sono scomparsi anche Bernardo Cavallino, Maria D’Avalos e Fabrizio Carafa. Siamo andati in giro a chiedere. Nessuno sa nulla. E noi vi raccontiamo perchè.
Insomma, forse non c’era alcun bisogno di un nuovo webmagazine dedicato al mistero. Ma ci date qualche mese? Poi, magari, ne riparliamo.
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Pirati smargiassi
Dopo 19 anni Guybrush Threepwood è ancora un fanfarone. Quest’estate una doppia sorpresa per gli appassionati dei giochi narrativi in tema piratesco: The Secret of Monkey Island Special Edition e Tales of Monkey Island, una storia completamente nuova.
L’edizione speciale del primo episodio della saga riproporrà l’esatta storia originale. Ma stavolta la rivedremo in alta definizione e con la musica masterizzata dal vivo, per PC e XBOX. Un coinvolgimento più ampio dei sensi per far conoscere un gioiello del genere adventure anche a chi ha comprato un PC solo negli ultimi 10 anni.
di DIEGO ROMANO
Ma gli affezionati “filologici” potranno godersi anche la grafica d’epoca. Basterà infatti premere un tasto e tutto si trasformerà in un vero videogioco del 1990, con le immagini quadrettate che tanto hanno stimolato la nostra immaginazione.
Qualcuno storcerà il muso per i primi piani un po’ buffi e patinati, qualcun altro si lamenterà della lingua inglese, e molti collezionisti si danneranno per non poter avere la mitica confezione originale distribuita in numero limitato. Infatti il videogioco sarà disponibile sono per il dowload dal sito ufficiale di Lucasarts, a pagamento, ovviamente. Ma la soddisfazione, durante il più imbarazzante duello della storia dei videogiochi, di sentire la voce minacciosa del nostro sfidante dirci: “Combatti come una mucca!”, non ha prezzo.
La storia di Tales of Monkey Island è diversa. Nuova, divisa in cinque episodi venduti singolarmente, verrà proposta da Telltale Games, un’azienda che ha affittato i diritti dalla Lucasarts.
Il gioco funzionerà in grafica 3D, e molti puristi non saranno felici di questo. Avrà molti personaggi dei vecchi episodi, ma sono promessi anche nuovi incontri. La versione per PC si potrà solo scaricare dal sito ufficiale per $8.50 a episodio, oppure anticipando $34.95 per l’intera saga.
Ma il vero grande pregio del nuovo gioco sarà la versione per Wii. Finalmente, quando saremo stufi di cercare di mettere assieme i tasselli delle cinque serie di Lost, potremo affrontare nuovi enigmi e misteri dal nostro divano più comodo. Vibrazione del telecomando inclusa.
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Gialli in Riviera torna il Mystfest
Estate 1973, litorale romagnolo, i bagnanti e le loro abitudini.
Sotto gli ombrelloni leggono tutti. Leggono gialli. E allora perché non sfruttare l’occasione?
Nasce da una semplice osservazione del popolo delle spiagge, il Gran Giallo Città di Cattolica, la più importante manifestazione di genere in Italia. Molti la ricordano o la conoscono come MystFest, Festival Internazionale del Giallo e del Mistero. Ma questo è il nome che prese solo nel 1981.
di DIEGO PURPO
L’11 luglio, in Piazza del Mercato di Cattolica, il MystFest manda in scena la serata conclusiva dell’edizione 2009. Poche ore per premiare i vincitori dei tre concorsi promossi dal festival, e provare a parlare di gialli come si faceva una volta. Quando il vecchio, caro Mystfest durava per giorni ed era la tappa obbligata di tutti i giallisti italiani. Era durante quei giorni che sono nate collane, riviste e grandi sfide del mistery di casa nostra. E c’erano tutti. Veramente tutti.
Quest’anno la giuria d’eccezione per il premio letterario Gran Giallo Città di Cattolica vede in prima fila Carlo Lucarelli, Valerio Massimo Manfredi e Andrea Pinketts. Premieranno il miglior racconto breve tra i 170 inediti pervenuti.
In passato, futuri grandi scrittori hanno avuto il privilegio di vincere il concorso legato alla manifestazione. Tra questi un “certo” Loriano Macchiavelli, Baldini e lo stesso Pinketts, solo per citarne alcuni.
Bruno Brindisi, Chico de Luigi e Marcello Fois compongono, invece, le giurie per la sezione fotografiche, premio ObiettivoGiallo e per quella cinematografica, premio CortoGiallo, distinta in due categorie in funzione della durata massima del cortometraggio: 5 e 15 minuti.
Allo scopo di coinvolgere nella scelta dei vincitori anche il pubblico interessato, sul sito www.mystfest.it, entro il 6 luglio, è possibile esprimere la propria preferenza per la migliore fotografia ed il miglior corto da 5 minuti.
Auguri a tutti. Ai novelli protagonisti delo mondo dei “delitti di carta” e soprattutto al festival. Sarebbe bello se ritornasse ad essere la grande manifestazione che è stata. In fondo ci vuole poco.
Per maggiori informazioni:
MystFest
Ufficio Cinema Istituzione Culturale del Comune di Cattolica
cell 329 5608098 – tel. 0541.966778 – 966634
cortogiallo@mystfest.com
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Potter Countdown
Sono 505 i giorni che separano gli appassionati da Harry Potter e i doni della morte PARTE PRIMA, ben 745 quelli per I doni della morte PARTE SECONDA, ma sono solo 15 quelli da contare alla rovescia in attesa di Harry Potter e il Principe Mezzosangue.
Il 15 Luglio il sesto film ispirato all’omonimo capitolo della saga scritta da J.K. Rowling uscirà in tutte le sale italiane. Ma…
di ADRIANA D’AGOSTINO
Gli appassionati di cinema per ragazzi che dal 12 al 25 di Luglio saranno al Giffoni Experince in provincia di Salerno, avranno, invece, l’opportunità di poterlo vedere in anteprima: Il Principe Mezzosangue, infatti, sarà ufficialmente il film di apertura del Festival il giorno 12 . Un evento importantissimo per il Giffoni che quest’anno raggiunge la sua 39° edizione. Il film esce così anche in Italia preceduto da quasi un anno di polemiche per i continui slittamenti sulla sua uscita, rinviata da novembre 2008 a luglio 2009. Le cause apparentemente risultavano legate al prolungato sciopero degli sceneggiatori di Hollywood. Pare invece che la Warner Bros abbia temporeggiato prima di giocare la carta Harry Potter per essere sicura di sbancare i botteghini estivi.
L’unica cosa certa è che il tempo non ha fatto altro che far aumentare la curiosità del pubblico e la diffusione di indiscrezioni per quello che si preannuncia l’episodio della serie più carico di azione, sentimento e sorpresa. Harry Potter sta crescendo, e con lui la sua missione. Il suo destino è ormai indissolubilmente legato a quello di Lord Voldemort che nel frattempo sta acquisendo sempre più potere. Albus Silente permetterà ad Harry di saperne di più sull’infanzia e sul passato del suo acerrimo nemico, accompagnandolo alla ricerca degli Horcrux, gli oggetti magici in cui il Signore Oscuro ha scisso la sua anima. Tutto questo mentre ad Hogwarts amori, gelosie e presenze oscure porteranno Harry ed i suoi amici a fare i conti con sè stessi. Fortunati saranno quelli che riusciranno a vivere queste emozioni in versione tridimensionale.
E’ infatti accreditata la notizia sull’esistenza di ben 25 minuti di pellicola visibili in 3D ed annunciati durante la visione da una bacchetta che comparirà improvvisamente in un angolo dello schermo per avvisare chi è in sala di infilarsi gli occhialetti magici. Purtroppo per l’Italia, però, cinema dotati di questo tipo di tecnologia Imax ce ne sono davvero pochissimi.
In attesa di serate evento organizzate in onore della prima dai maggiori multisala campani, si potrebbe consigliare agli addetti ai lavori di farsi ispirare dalle iniziative della città di Milano: oltre alla proiezione simultanea del 29 Giugno dei cinque precedenti film nelle varie sale del cinema Apollo alla presenza di alcuni degli attori, anche la Harry Potter Truck, mostra itinerante sul magico mondo del maghetto Harry, fissata a Piazza Duomo dal 30 Giugno al 3 Luglio.
E per chi anche dopo l’uscita del film dovesse entrare in crisi d’astinenza potteriana , ci sarebbe in Piemonte, dal 26 Luglio al 1° Agosto, l’Harry Potter Summer Camp , vero e proprio campo estivo ispirato alla celebre scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts con tanto di lezioni-gioco ispirate a quelle del libro. Come si fa a non voler tornare bambini?
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Rosso Tango
Il Premio Speciale Metronapoli, patrocinato dal Comune di Napoli, va al racconto “Rosso tango” della sociologa Laura Bugno. Un noir nel mondo del tango. Antonella Scotti “campione uscente” intervista per noi la vincitrice dell’edizione 2009.
di ANTONELLA SCOTTI
Come ti chiami?
Laura Bugno
Anni?
Trenta, ma a detta degli altri ne dimostro molti di meno, il che mi rende felice all’inverosimile.
Segno zodiacale?
Toro
Da quanto tempo scrivi?
Scrivo da quando ho imparato a tenere la penna in mano ma è dall’età di sette anni che mi considero una scrittrice. So che questo causa incredulità e a volte ostilità in chi scrive e pubblica da decenni e non si considera ancora uno scrittore a tutti gli effetti ma per me uno scrittore è colui che ama scrivere e lo fa per piacere, a prescindere da fama e denaro.
Penna o PC?
Bel dilemma. Quando ho l’ispirazione giusta cerco di fissare sul foglio frasi, parole, semplici appunti ma per lo più scrivo al PC. Certo la poesia rappresentata da una penna e da una pagina bianca che man mano si riempie di inchiostro è immortale ed infinita. Un po’ meno infinito è il tempo che si ha per riportare al PC pagine e pagine scritte a mano. Per me si tratta di una scelta puramente pratica. Poco romantica? Può darsi.
Ispirazione o revisione?
L’ispirazione è la chiave che apre la porta della mia scrittura. In mancanza della quale rimarrei per ore a fissare il vuoto… che tristezza! Preferisco sempre e solo accingermi alla scrittura quando ho l’ispirazione giusta che non sempre arriva quando sono da sola a casa, alla mia scrivania. Molto spesso mi capita quando sono in strada, in autobus, alla posta, insomma nei luoghi più impensati! E’ per questo che porto sempre con me un taccuino su cui annoto ciò che mi viene in mente. Ti lascio immaginare la curiosità e la sorpresa di chi mi sta intorno! Inconvenienti più che accettabili. Per rispondere alla tua domanda quindi per me l’ispirazione è indispensabile, anche se senza l’altra faccia della moneta, la revisione, il testo rimarrebbe un inestricabile groviglio di pazzia.
Conta di più lo stile o la storia?
Ecco, questa è una cosa che non ho ancora capito bene. Ti ringrazio per la domanda. Forse andrebbe fatta agli editori, così in base alla loro risposta mi regolerei! Scherzi a parte sono convinta che un buono stile sia importante ma al contempo però, se un testo è scritto con uno stile impeccabile e storia risulta noiosa, prevedibile o poco interessante, il lettore non è stimolato a proseguire. Di conseguenza considero l’originalità della storia punto focale, se poi è accompagnata da un buono stile…tanto meglio.
Perché scrivi?
Ah, così… a bruciapelo? Beh, ti rispondo come faccio ogni volta che me lo chiedono: scrivo perché è la cosa che più mi piace fare, scrivo perché non potrei fare altrimenti e se potessi, scegliere di non fare altro nella vita.
Credo che questa mia motivazione sia condivisa da te e da chiunque ami scrivere. È un anello che ci tiene tutti uniti alla stessa attività e ci rende in qualche modo… complici.
E veniamo al racconto vincitore del premio Metrona poli che in questi giorni è distribuito presso le principali fermate di metro e funicolari. Com’è nato “Rosso Tango”?
“Rosso Tango” è stato, tra i tanti che ho scritto, il racconto per cui ho impiegato meno tempo. È stata una scrittura di getto, come si dice in gergo, l’ho realizzato in soli due giorni.
L’idea è nata dal desiderio di conciliare il mondo del tango con quello del noir. Un’ unione a mio avviso perfetta, passione e mistero, rosso e nero. Ma come sempre, quando scrivo, la storia nasce da sé, come amo dire: tutto succede davvero, nella mia mente, io mi limito ad osservare e raccontare.
Tu sei sociologa, quanto hai attinto dal tuo lavoro per questo racconto? Ossia Davo esiste davvero?
Credo che ogni scrittore attinga dalla propria professione in quanto il lavoro che facciamo risulta parte del nostro essere. In particolar modo il mio lavoro mi ha concesso di entrare in contatto con diverse realtà, più o meno tristi e poco conosciute, di conoscere persone particolari e di catturare le loro caratteristiche per poi rinchiuderle in miei schemi mentali da cui attingere all’occorrenza.
Davo, questo sconosciuto che ha sconvolto i miei lettori… beh lui, è uno psicopatico ossessivo. La costruzione del suo personaggio è stata la parte più faticosa di questo lavoro: ho dovuto rinfrescare le mie conoscenze di psicologia e in particolare delle psicopatologie. Ma in effetti, quello che lo rende un personaggio inquietante è il fatto che, a prescindere dalle sue patologie, potrebbe essere ognuno di noi, con i suoi segreti, la sua routine, le sue passioni e le sue ossessioni.
Nei tuoi racconti ci sono spesso fatti di sangue e/o immagini cruente. Come mai?
Immagino la domanda nasca dalle volte in cui, leggendo dei miei lavori, anche in un testo che in principio risultava essere dai toni pacati o addirittura sdolcinati, hai visto spuntar fuori un coltello o un serial killer, sangue e morte. Credo che tutto dipenda dal rifiuto che ho per la banalità. Non ho mai resistito per più di qualche minuto davanti alla TV durante la programmazione di un film romantico in cui alla fine tutto va bene e i protagonisti vivono per sempre felici e contenti. Nella vita non è così. La vita è fatta di alti e bassi, di cronaca nera e di misteri inspiegabili e a me piace rappresentare questo tipo di realtà, la cruda, quella più vicina a noi, quella che affascina il lettore, ma anche quella più divertente. Mi spiego. Hai presente quando si gioca con un bambino nascondendosi per poi venir fuori all’improvviso provocandogli un sussulto? Ebbene, il bambino in un primo momento ne sarà spaventato ma poi ti chiederà di rifarlo ancora perché quell’emozione è stata piacevole e vuole riprovarla. La gente vuole essere spaventata. È un po’ il principio su cui si basa l’industria del cinema horror. Se le persone non trovassero divertente essere spaventati o inquietati, sarebbe già fallita da un pezzo.
Come ti è venuta l’idea geniale del tic di Davo di scomporre in sillabe le parole?
Molto semplice. Durante un esercizio sul tema delle ossessioni fatto alla scuola di scrittura che ho frequentato, ricordai di avere avuto la stessa ossessione da piccola, quando alle elementari mi insegnarono la scomposizione in sillabe delle parole. Me ne andavo in giro esercitandomi a scomporre le parole pronunciate dagli altri, così, per gioco. Alla mia insegnante di scrittura, Antonella Cilento, risultò così particolare e interessante da suggerirmi la cosa come elemento caratterizzante di un killer. Detto fatto, quella che era la piccola mania di una ragazzina un po’ troppo diligente è diventata l’ossessione di un personaggio di un racconto che circa vent’anni dopo ha riscosso un successo insperato. Spero che la condivisione mia e di Davo di questa particolarità non ti induca a terminare qui l’intervista e a scappare lontano da me! Come dice il mio maestro Carlo Lucarelli: paura eh?
Giusto un po’! (Intanto, per prudenza, mi allontano) Ma la vita è un noir?
Non sarei così drastica. La vita è un incredibile caleidoscopio fatto di felicità, sofferenza, serenità, disperazione, divertimento. A volte è il fato a deciderlo, a volte siamo noi. In entrambi i casi è fondamentale essere coscienti di ciò che accade intorno a noi per trovare sempre la soluzione giusta per un vivere dignitoso. Per fortuna non mi hai domandato se la MIA vita è un noir… ormai la domanda l’hai fatta e non puoi tornare indietro!
Già prima di Subway hai avuto altri riconoscimenti tra cui il primo premio del concorso letterario “ScrivEremo” e la classificazione tra i primi dieci vincitori del Premio “INCIPIT”, oltre che altri premi minori. A quando il primo romanzo?
La domanda temuta da tutti gli scrittori in erba. Ebbene sto lavorando al mio primo romanzo da circa un anno, credo che ora i tempi siano maturi per portare a termine il mio lavoro e mettermi di nuovo alla prova. Spero di non deludere i miei lettori e di regalar loro una storia piacevole e interessante in cui immergersi per sfuggire alla realtà.